Campodimele (LT) il paese della longevità

Campodimele  (LT)  il paese della  longevità
Tra l'indifferenza dell' Amministrazione Comunale, in assenza di controlli, In località Sterza Piana Lenola (LT) ai confini del Parco Naturale dei Monti Aurunci , a meno di trecento metri dalle abitazioni private, i cittadini, tutti i giorni, assistono a questo scempio che rende l'aria irrespirabile con inevitabili conseguenze sulla salute pubblica grazie a questo impianto allocato nel confinante comune di Campodimele

lunedì 31 maggio 2010

L'IMMENSO PATRIMONIO DELLA CHIESA ROMANA


Strumenti utili

Fa impressione l’elenco completo del più vasto patrimonio immobiliare al mondo, sfuggito a ogni serio censimento, sin qui noto solo agli addetti ai lavori delle segrete stanze pontificie. Stando alle stime (non ufficiali) il 20 per cento dell’intero patrimonio immobiliare italiano,escluso quello estero, farebbe riferimento alla Chiesa di Roma che nella Capitale vedrebbe salire percentualmente la sua potenza edilizia fino a un quarto dell’intero comparto. Ventitremila fra terreni e fabbricati (appartamenti, negozi, uffici eccetera) intestati a centinaia di entità diverse fra enti, diocesi, istituti, congregazioni, confraternite, società, tutte realtà comunque riconducibili al Vaticano.Un numero imprecisato di appartamenti per migliaia di unità. Quasi 600 palazzi fra istituti e conventi, 50 monasteri, più di 500 chiese, 22 conventi, 400 immobili fra case generalizie, cliniche private, ospizi, case di riposo, residenze private, scuole, seminari, oratori, una quarantina di collegi e via discorrendo. Un patrimonio continuamente aggiornato e incrementato dal trading immobiliare e da sempre crescenti lasciti e donazioni dei fedeli.Calcolando per difetto, gli esperti contano in oltre 115mila proprietà il vero tesoro vaticano in tutta Italia. Da brividi il suo controvalore di mercato. Secondo i responsabili del «Gruppo Re» (Re sta per Religiosi ecclesiastici) che assiste i ministri del culto nella gestione del loro immenso tesoro immobiliare «se a metà degli anni novanta i beni delle missioni si aggiravano intorno agli 800 miliardi di vecchie lire, oggi dovrebbero valere dieci volte di più.

Con Rutelli diventato cattolicissimo dopo la folgorazione sulla via del Campidoglio e i successivi finanziamenti a grandine per il Giubileo (3.500 miliardi), un altro parlamentare radicale, Maurizio Turco, s’è messo d’impegno per venire a capo del più vasto patrimonio immobiliare mondiale. E giorno dopo giorno, facendo la spola fra gli uffici del partito in via di Torre Argentina e gli archivi del catasto, ha ricostruito casa per casa le proprietà della Chiesa. Un lavoro immenso,pazzesco e sfiancante, reso complicato dalle non sempre corrette descrizioni degli stabili e degli enti di riferimento riportate sul registro degli immobili.

Un lavoro che non tiene però conto del grande affare del turismo religioso a cui si ricollegano le migliaia di «case per ferie» seguite direttamente dai religiosi per un fatturato annuo da 4 miliardi di euro. Ci si dovrebbe soffermare inoltre sul business delle alienazioni dei sacri palazzi, attraverso il cambio di destinazione d’uso, a holding immobiliari, enti istituzionali, attività commerciali e compagnie alberghiere.In tre anni numerosi conventi o seminari sono stati riconvertiti e trasformati in hotel oppure in condomini da 30/40 appartamenti l’uno, ceduti o affittati, per un giro d’affari da centinaia di milioni di euro. Un business reso più fruttuoso dalle tante agevolazioni fiscali di cui gode la Chiesa, a cominciare dall’esenzione dell’Ici, fino alla detassazione sulle imposte da versare sugli affitti riscossi, passando per un migliore trattamento tributario nei confronti degli enti religiosi proprietari dei palazzi storici. Il tesoro immobiliare del Vaticano è da guinness dei primati.

C’è poi l’8 per mille, finanziamento “volontario” sul gettito totale del patrimonio soggetto ad IRPEF,versato da ogni cittadino ed inserito d’ufficio nei moduli della denuncia dei redditi.Proprio qui scatta un’astuta trappola escogitata a suo tempo dei nostri “laici” politicanti sull’input dei (mon) signori della gerarchia. Siccome com’era prevedibile e fu previsto,solo un terzo dei contribuenti, per pigrizia,menefreghismo o disperazione,sceglie a chi devolvere il suo 8 per mille,l’art.37 della relativa legge di attuazione recita:“In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione (dei quozienti da distribuire del gettito totale) si stabilisce in proporzione alle scelte (percentualmente) espresse”.
E poiché, com’era prevedibile e fu previsto, tra la minoranza che opera una scelta solo il 35% non opta a favore della Chiesa Cattolica, questa oltre alla quota parte espressamente assegnatale, ottiene di incassare anche l’85% dell’intero gettito relativo.L’ammontare di tale cifra, stornata dai redditi dei cittadini, ed in un certo senso prelevata direttamente dalle loro tasche, è stato calcolato in circa un miliardo per anno. In teoria, una tale enorme somma dovrebbe essere destinata ad opere di carità, ma le stesse cifre ufficiali della C.E.I. ammettono che il 46% dell’incasso viene destinato “alle esigenze del culto [del Papa]” tradotte in adunate oceaniche,viaggi papali,ecc.ecc. il 34% al sostentamento del clero e solo il restante 20% ad interventi caritatevoli.

domenica 30 maggio 2010

IO SE FOSSI DIO






VERSIONE 2 DI GIORGIO GABER

Io
se fossi Dio
e io potrei anche esserlo
se no non vedo chi...
Io se fossi Dio non mi farei fregare dai modi furbetti della gente
non sarei mica un dilettante
sarei sempre presente
sarei davvero in ogni luogo a spiare
o meglio ancora a criticare, appunto
cosa fa la gente.

Per esempio il cosiddetto uomo comune
com'è noioso
non commette mai peccati grossi
non è mai intensamente peccaminoso.
Del resto poverino è troppo misero e meschino
e pur sapendo che Dio è il computer più perfetto
lui pensa che l'errore piccolino
non lo veda
o non lo conti affatto.
Per questo io se fossi Dio
preferirei il secolo passato
se fossi Dio rimpiangerei il furore antico
dove si amava, e poi si odiava
e si ammazzava il nemico.

Ma io non sono ancora nel regno dei cieli
Sono troppo invischiato nei vostri sfaceli.

Io se fossi Dio
non sarei mica stato a risparmiare
avrei fatto un uomo migliore.
Sì, vabbè, lo ammetto
non mi è venuto tanto bene
ed è per questo, per predicare il giusto
che io ogni tanto mando giù qualcuno
ma poi alla gente piace interpretare
e fa ancora più casino.

Io se fossi Dio
non avrei fatto gli errori di mio figlio
e specialmente sull'amore
mi sarei spiegato un po' meglio.
Infatti voi uomini mortali per le cose banali
per le cazzate tipo compassione e finti aiuti
ci avete proprio una bontà
da vecchi un po' rincoglioniti.

Ma come siete buoni voi che il mondo lo abbracciate
e tutti che ostentate la vostra carità.
Per le foreste, per i delfini e i cani
per le piantine e per i canarini
un uomo oggi ha tanto amore di riserva
che neanche se lo sogna
che vien da dire:
ma poi coi suoi simili come fa ad essere così carogna...

Io se fossi Dio
direi che la mia rabbia più bestiale
che mi fa male e che mi porta alla pazzia
è il vostro finto impegno
è la vostra ipocrisia.
Ce l'ho con quelli che per salvare la faccia
per darsi un tono da cittadini giusti e umani
fanno passaggi pedonali e poi servizi strani
e tante altre attenzioni
per handicappati sordomuti e nani.
E in queste grandi città
che scoppiano nel caos e nella merda
fa molto effetto un pezzettino d'erba
e tanto spazio per tutti i figli degli dèi minori.
Cari assessori, cari furbastri subdoli altruisti
che usate gli infelici con gran prosopopea
ma io so che dentro il vostro cuore li vorreste buttare
dalla rupe Tarpea.

Ma io non sono ancora nel regno dei cieli
sono troppo invischiato nei vostri sfaceli.

Io se fossi Dio
maledirei per primi i giornalisti e specialmente tutti
che certamente non sono brave persone
e dove cogli, cogli sempre bene.
Signori giornalisti, avete troppa sete
e non sapete approfittare della libertà che avete
avete ancora la libertà di pensare, ma quello non lo fate
e in cambio pretendete
la libertà di scrivere
e di fotografare.

Immagini geniali e interessanti
di presidenti solidali e di mamme piangenti
e in questo mondo pieno di sgomento
come siete coraggiosi, voi che vi buttate senza tremare un momento:
cannibali, necrofili, deamicisiani, astuti
e si direbbe proprio compiaciuti
voi vi buttate sul disastro umano
col gusto della lacrima
in primo piano.

Sì, vabbè, lo ammetto
la scomparsa totale della stampa sarebbe forse una follia
ma io se fossi Dio di fronte a tanta deficienza
non avrei certo la superstizione
della democrazia.

Ma io non sono ancora nel regno dei cieli
sono troppo invischiato nei vostri sfaceli.

Io se fossi Dio
naturalmente io chiuderei la bocca a tanta gente.
Nel regno dei cieli non vorrei ministri
né gente di partito tra le palle
perché la politica è schifosa e fa male alla pelle.
E tutti quelli che fanno questo gioco
che poi è un gioco di forze ributtante e contagioso
come la febbre e il tifo
e tutti quelli che fanno questo gioco
c'hanno certe facce
che a vederle fanno schifo.

Io se fossi Dio dall‚alto del mio trono
direi che la politica è un mestiere osceno
e vorrei dire, mi pare a Platone
che il politico è sempre meno filosofo
e sempre più coglione.
E' un uomo a tutto tondo
che senza mai guardarci dentro scivola sul mondo
che scivola sulle parole
e poi se le rigira come lui vuole.

Signori dei partiti
o altri gregari imparentati
non ho nessuna voglia di parlarvi
con toni risentiti.
Ormai le indignazioni son cose da tromboni
da guitti un po' stonati.
Quello che dite e fate
quello che veramente siete
non merita commenti, non se ne può parlare
non riesce più nemmeno a farmi incazzare.
Sarebbe come fare inutili duelli con gli imbecilli
sarebbe come scendere ai vostri livelli
un gioco così basso, così atroce
per cui il silenzio sarebbe la risposta più efficace.

Ma io sono un Dio emotivo, un Dio imperfetto
e mi dispiace ma non son proprio capace
di tacere del tutto.
Ci son delle cose
così tremende, luride e schifose
che non è affatto strano
che anche un Dio
si lasci prendere la mano.

Io se fossi Dio preferirei essere truffato
e derubato, e poi deriso e poi sodomizzato
preferirei la più tragica disgrazia
piuttosto che cadere nelle mani della giustizia.
Signori magistrati
un tempo così schivi e riservati
ed ora con la smania di essere popolari
come cantanti come calciatori.
Vi vedo così audaci che siete anche capaci
di metter persino la mamma in galera
per la vostra carriera.

Io se fossi Dio
direi che è anche abbastanza normale
che la giustizia si amministri male
ma non si tratta solo
di corruzioni vecchie e nuove
È proprio un elefante che non si muove
che giustamente nasce
sotto un segno zodiacale un po‚ pesante
e la bilancia non l'ha neanche come ascendente.
Io se fossi Dio
direi che la giustizia è una macchina infernale
E' la follia, la perversione più totale
a meno che non si tratti di poveri ma brutti
allora sì che la giustizia è proprio uguale per tutti.

Io se fossi Dio
io direi come si fa a non essere incazzati
che in ospedale si fa morir la gente
accatastata tra gli sputi.
E intanto nel palazzo comunale
c'è una bella mostra sui costumi dei Sanniti
in modo tale che in questa messa in scena
tutto si addolcisca, tutto si confonda
in modo tale che se io fossi Dio direi che il sociale
è una schifosa facciata immonda.

Ma io non sono ancora nel regno dei cieli
sono troppo invischiato nei vostri sfaceli.

Io se fossi Dio
avrei una gran paura del futuro.
C'è un'aria di sgomento che coinvolge il mondo intero
una minaccia un tragico fermento
di popoli e di razze in via di assestamento.
Io come Dio logicamente
li vedo tutti da lontano
ma a dirla onestamente più che altro
io sono un Dio italiano
col gusto un po' indiscreto di frugare
negli antri più segreti, più nascosti
del potere.

Se fossi Dio
vedrei dall'alto come una macchia nera
una specie di paura che forse è peggio della guerra
sono i soprusi, le estorsioni i rapimenti
è la camorra.
E' l'impero degli invisibili avvoltoi
dei pescecani che non si sazian mai
sempre presenti, sempre più potenti, sempre più schifosi
è l'impero dei mafiosi.

Io se fossi Dio
io griderei che in questo momento
son proprio loro il nostro sgomento.
Uomini seri e rispettati
così normali e al tempo stesso spudorati
così sicuri dentro i loro imperi
una carezza ai figli, una carezza al cane
che se non guardi bene ti sembrano persone
persone buone che quotidianamente
ammazzano la gente con una tal freddezza
che Hitler al confronto mi fa tenerezza.

Io se fossi Dio
urlerei che questi terribili bubboni
ormai son dentro le nostre istituzioni
e anzi, il marciume che ho citato
è maturato tra i consiglieri, i magistrati, i ministeri
alla Camera e allo Senato.

Io se fossi Dio
direi che siamo masochisti e un po' dementi
che i nostri governanti non li mandiamo via.
E ormai ci possono fare qualsiasi porcheria
possono rubare e ricattare, possono ammazzare
e vomitarci addosso
che tanto noi
li votiamo lo stesso.

Io se fossi Dio
direi che siamo complici oppure deficienti
che questi delinquenti, queste ignobili carogne
non nascondono neanche le loro vergogne
e sono tutti i giorni sui nostri teleschermi
e mostrano sorridenti le maschere di cera
e sembrano tutti contro la sporca macchia nera.
Non ce n‚è neanche uno che non ci sia invischiato
perché la macchia nera
è lo Stato.

E allora io
se fossi Dio
direi che ci son tutte le premesse
per anticipare il giorno
dell'Apocalisse.
Con una deliziosa indifferenza
e la mia solita distanza
vorrei vedere il mondo e tutta la sua gente
sprofondare lentamente nel niente.
Forse io come Dio, come Creatore
queste cose non le dovrei nemmeno dire
io come Padreterno non mi dovrei occupare
né di violenza né di orrori, né di guerra
né di tutta l'idiozia di questa terra
e cose simili.
Peccato che anche Dio
ha il proprio inferno
che è questo amore eterno
per gli uomini.

mercoledì 26 maggio 2010

Un paese che invecchia non ha possibilità di sviluppo.





(Adnkronos/Ign) - La quota dei 18-34enni celibi e nubili che vive in famiglia cresce dal 49 per cento del 1983 al 60,2 nel 2000, attestandosi poi al 58,6 per cento nel 2009. E' quanto emerge dal Rapporto annuale dell'Istat sulla situazione del Paese nel 2009.


Tra i 30-34enni quasi il 30 per cento vive ancora in famiglia, una quota triplicata dal 1983. Tra i giovani in questa fascia di età, inoltre, quelli che rinviano l'uscita dalla famiglia sono ragazzi in un caso su tre, ragazze in un caso su cinque.


La prolungata convivenza dei figli con i genitori oggi dipende soprattutto da problemi economici (40,2 per cento) e dalla necessità di proseguire gli studi (34,0 per cento), mentre la permanenza in famiglia è indicata come una scelta solo in terza battuta (31,4).


Tra i motivi economici più segnalati, spiccano le difficoltà di trovare un'abitazione adeguata (26,5 per cento) e quella di trovare lavoro (21,0 per cento).


Nel 2009 oltre due milioni di giovani (il 21,2 per cento dei 15-29enni) risultavano inoltre fuori dal circuito formazione-lavoro, cioè non lavoravano e non frequentavano alcun corso di studi (Not in education, employment or training, Neet). Nel confronto internazionale l'Italia presenta un numero di Neet molto elevato. Nel nostro Paese questa condizione è riconducibile più all'area dell'inattività (65,8 per cento) che a quella della disoccupazione.


Per quanto riguarda la scuola, nel conseguimento dei titoli di studio superiori continua a pesare una forte diseguaglianza legata alla classe sociale della famiglia di provenienza degli studenti, anche considerando le differenti generazioni. L'Italia, sottolinea l'Istat, si distingue negativamente nel contesto europeo per la quota di early school leavers (giovani di 18-24 anni che hanno abbandonato gli studi senza aver conseguito un diploma di scuola superiore), pari al 19,2 per cento nel 2009, oltre quattro punti percentuali in più della media Ue e nove punti al di sopra del valore fissato dalla strategia di Lisbona.


Il tasso di scolarità, secondo il rapporto Istat, è aumentato di 41 punti percentuali negli ultimi 30 anni. Nell'anno scolastico 2008/2009 si registrano circa 93 iscritti alla scuola secondaria di secondo grado ogni 100 giovani in età 14-18 anni. Cresce, spiega l'Istat, anche il numero dei giovani che conseguono un titolo di studio secondario di secondo grado: 74 ogni cento 19enni nell'anno scolastico 2007/2008, circa 36 in più rispetto a 30 anni prima.


Per quanto riguarda l'Università, invece, nel 2009 appena il 12,8 per cento della popolazione italiana aveva la laurea. I livelli d'istruzione della popolazione italiana, sottolinea l'Istat, appaiono critici: nel 2009 oltre il 10 per cento dei 15-64enni possiede solo la licenza elementare o nessun titolo di studio, il 36,6 ha la licenza media, circa il 40 per cento ha il diploma e appena il 12,8 ha la laurea.


Dal Rapporto Istat risulta anche che l'Italia è il secondo paese più anziano d'Europa, dopo la Germania, con un forte squilibrio generazionale.

Questo significa che il rapporto di dipendenza tra le persone in età inattiva, ovvero da 0 a 14 anni e 65 anni e più, e la popolazione che teoricamente si fa carico di sostenerle economicamente (15-64 anni) è passato dal 48 al 52 per cento in dieci anni, a causa del peso crescente delle persone anziane (da 27 ogni 100 in età attiva nel 2000 a 31 nel 2009).


L'analisi degli indicatori strutturali e di carico demografico, stimati per l'anno 2009, conferma un quadro di forte invecchiamento della popolazione residente (le persone di 65 anni e più rappresentano il 20,2 per cento della popolazione, a fronte di una quota di persone in età attiva del 65,8 per cento); una crescita complessiva della popolazione del 5,7 per mille (si superano i 60 milioni di residenti solo grazie all'apporto della popolazione straniera); un livello di fecondità (numero medio di figli per donna pari a 1,41) che, seppur in ripresa dagli anni Novanta, ancora non consente di mantenere almeno costante la consistenza demografica.


In base alle recenti tendenze demografiche, secondo l'Istat, è possibile ipotizzare l'evoluzione delle diverse componenti, descrivendo uno scenario ''verosimile'' nell'arco dei prossimi 40 anni: si prevede che il numero medio di figli per donna possa crescere fino a 1,58 nel 2050; la speranza di vita aumentare fino a raggiungere gli 84,5 anni per gli uomini e gli 89,5 per le donne; il numero dei giovani fino a 14 anni ridursi a 7,9 milioni (il 12,9 per cento della popolazione); la popolazione attiva contrarsi a 33,4 milioni (54,2 per cento) e quella degli over 64 salire a 20,3 milioni (da uno su cinque a uno su tre residenti nel 2050).

Tali cambiamenti, sottolinea l'Istat, accentueranno ulteriormente lo squilibrio generazionale: l'indice di dipendenza degli anziani (ultra 64enni sulla popolazione in età attiva) potrebbe raddoppiare (61 per cento) e l'indice di vecchiaia salire a 256 anziani ogni cento giovani.

26 maggio 2010

martedì 25 maggio 2010

UNA FINANZIARIA URGENTE PER UNA CRISI " CHE NON C'E' "





Oggi avevamo previsto un post sulla finanziaria, una manovra fiscale da Trenta Miliardi di Euro necessaria per dare una risposta ad una CRISI CHE NON C’E’. Abbiamo solo degli anticipi che contiamo di approfondire nei prossimi giorni. Discutiamone……………

Siamo al massimo della demenza, ma quante altre cazzate dovrà raccontarci Berlusconi per ricevere dai suoi elettori un vaffanculo corale?

Ma perchè non viene lui in televisione a spiegarci come mai questa nuova ed inaspettata manovra? O questo fenomeno, icona dell’imbecillità italiana, è solo capace d’inagurare casette a L’Aquila costruite dal comune di Trento, di dare pacche sulle spalle ai suoi colleghi europei, di portare veline in parlamento?

Nuovi tagli alle Regioni, ai comuni, alla ricerca, alla scuola, nuovi ticket sanitari , nuovi condoni edilizi che ci verranno presentati con questa formula: “legalizzazione delle case fantasma” uno legge e dice “azzo finalmente il rispetto delle regole” “regolarizzano le case fantasma”. Per contro lo scudo fiscale che permette agli evasori di far rientrare i capitali illegalmente esportati all’estero con appena il 5% di………chiamatelo come volete, per poterli reinvestire in nuove attività al limite , se non oltre, la legalità

Dico io “ ma come?” Se faccio un ‘ora di straordinario pago il 35% di tasse, se uno esporta illecitamente del denaro sul quale non ha pagato nulla di imposte può farlo rientrare, IN ANONIMATO pagando appena il 5% di ammenda, ma che governo è questo?

Blocco degli stipendi degli statali per altri tre anni, e fanno sette, rateizzazione dei TFR, ancora non corrisposti, agli statali, una finestra unica l’anno per avviarli alla pensione.

Cominciamo a chiederci cosa ci ha reso così imbecilli da non più saper distinguere un lupo da un agnello, chiediamoci anche se nell’opposizione e nel SINDACATO qualcuno non ha facilitato il dilagare di questa demenzialità collettiva, non a caso CISL, UIL ed UGL oggi si sono resi disponibili ad entrare nel merito di questa finanziaria che continua a colpire gli onesti e a privilegiare i delinquenti, che continua a garantire privilegi a categorie forti (tassinari, autotrasportatori) (notai, farmacisti) ( manager, consulenti spesso rincoglioniti) a discapito dei giovani precari (basta pensare che il barbiere del senato guadagna 120.000 euro l’anno e il falegname 135.000)

Nel pubblico impiego bloccano pensioni, contratti, TFR, non licenziano quella miriade di consulenti che fanno solo danni o gli interessi di chi li ha assunti.

Meno male che Epifani e la CGIL, Cremaschi e la FIOM ci sono e che non si lasciano comprare per un piatto di lenticchie
write26



ORE 23.28 FONTE ANSA

Il Consiglio dei ministri ha dato via libera, salvo successive intese per perfezionare il testo, al decreto legge sulla manovra finanziaria 2011-2013. Lo si apprende da fonti governative. Un centinaio di pagine per un totale di 22 articoli.

E' la 'consistenza' della manovra economica. La manovra dà un messaggio chiaro: lo Stato deve costare meno ai cittadini, ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al termine del Cdm. Si tratta - ha aggiunto il premier - di una manovra europea, taglia le spese, colpisce l'evasione fiscale e non aumenta le tasse. Non e' una finanziaria punitiva.

TUTTE LE MISURE DELLA MANOVRA - Dai tagli ai ministri, passando alle finestre per la pensione fino ai pedaggi per i raccordi autostradali. Via inoltre alle Province piu' piccole, cioe' quelle sotto i 220.000 abitanti che non confinano con Stati esteri e non ricadono in Regioni a statuto speciale. Spunta anche una tassa fino a 20 euro che puo' essere introdotta per 'Roma Capitale'. Il 'mix' di misure per correggere i conti appare ormai tracciato.

Ecco misure principali della manovra:

- SUBITO STOP CONTRATTI PUBBLICO IMPIEGO. Stop agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici gia' a partire da quest'anno. Il congelamento vale quattro anni, fino al 2013.

- TAGLI AI MINISTERI, GIRO VITE SU AUTO BLU. La sforbiciata e' del 10% ma su formazione o missioni si arriva al dimezzamento della spesa. Arriva anche un giro di vite sulle auto blu.

- GLI ESCLUSI: PRESIDENZA CONSIGLIO E PROTEZIONE CIVILE: Saltano dal testo i tagli alla Presidenza del Consiglio e i limiti alla Protezione Civile.

- TAGLI AI PARTITI. Cala del 20% (e non viene dimezzato come inizialmente ipotizzato) il contributo per le spese elettorali.

- PAGAMENTI E TRACCIABILITA'. Tetto a 5.000 euro (e non 7.000 come da prime ipotesi) per i pagamenti in contanti. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro.

- ARRIVA BANCOMAT P.A.. Addio ai libretti di deposito bancari o postali. In compenso arriva la carta elettronica istituzionale per effettuare i pagamenti da parte delle P.A.

- COMUNI E LOTTA EVASIONE: I comuni che collaboreranno incasseranno il 33% dei tributi statali incassati.

- TASSA SU ALBERGHI PER ROMA CAPITALE: Arriva un 'contributo di soggiorno' fino a 10 euro per i turisti negli alberghi di Roma per finanziare 'Roma Capitale'. Protesta Federalberghi. Il Sindaco, Gianni Alemanno, parla di ''notizie imprecise''.

- STANGATA SU MANAGER E STOCK OPTION: Salgono le tasse sulle stock option ma anche sui bonus dei manager e dei banchieri che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

- TEMPI SPRINT PER CARTELLE. L'accertamento e l'emissione del ruolo diventano contestuali rendendo piu' corto il tempo per contestazioni e ricorsi.

- STRETTA SUL GIOCO CLANDESTINO. L'evasione dell'imposta sui giochi, una volta accertata, avra' riflessi anche ai fini delle imposte dirette. Nasce l'Agenzia che sostituisce i Monopoli.

- CONDONO EDILIZIO E CASE FANTASMA. Confermata invece la sanatoria sugli immobili fantasma. Si ipotizza pero' un ampliamento di questa norma. Come in tutti i condoni la proposta potrebbe arrivare in Parlamento. La sanatoria andra' fatta entro il 31 dicembre.

- PER PENSIONE INVALIDITA' SALE A 80%. Sotto questa soglia niente benefici. Previsti anche 200.000 controlli in piu'.

- IRAP ZERO PER NUOVE IMPRESE SUD. Le regioni del Mezzogiorno avranno la possibilita' di istituire un tributo proprio sostitutivo dell'Irap per le imprese avviate dopo l'entrata in vigore del dl con l'opportunita' di ridurre o azzerare l'Irap.

- RETI IMPRESA E ZONE 'ZERO BUROCRAZIA': Tremonti annuncia la creazione di reti d'impresa, per ottenere benefici fiscali e migliorare la capacita' di incidere sui mercati, ma anche zone a burocrazia zero, nelle quale per aprire un'attivita' ci si potra' rivolgere ad un solo soggetto.

- STOP TURN-OVER P.A. Confermato per altri due anni.

- TAGLI ANCHE A MAGISTRATI. Lo stipendio verra' decurtato per il 10% nella parte eccedente gli 80.000 euro. Taglio del 10% anche per i magistrati del Csm.

- MANAGER P.A., SFORBICIATA 5-10%. Sotto i fari gli stipendi oltre i 90.000 e oltre i 130.000 euro.

- INSEGNATI SOSTENGO. Congelato l'organico. Non ci sara' il blocco del turn over per l'Universita'.

- DIVIDENDI A RIDUZIONE DEBITO. A partire dal 2011 500 milioni di dividendi che arrivano dalle societa' statali saranno impiegati per la riduzione degli oneri sul debito pubblico.

- TAGLI A COSTI POLITICA PRO CASSA INTEGRAZIONE: Le riduzioni di spesa che decideranno il Quirinale, il Senato, la Camera e la Corte Costituzionale, nella loro autonomia, serviranno a finanziare la Cassa Integrazione.

- PENSIONI: Rinvio delle finestre per il pensionamento e per il riordino degli enti. La novita' e' invece l'accelerazione dei tempi per l'aumento dell'eta' pensionabile a 65 anni per le donne dipendenti del pubblica amministrazione che avverra' a gennaio 2016.

- DEFINANZIAMENTO LEGGI INUTILIZZATE: Si recuperano risorse attraverso il definanziamento degli stanziamenti improduttivi. Saranno destinate al fondo ammortamento dei titoli Stato.

- TAGLIA-ENTI: Vengono soppressi Ipsema, Ispel e Ipost. Ma anche l'Isae, l'Ice e l'Ente italiano Montagna. Salta o viene ridotto inoltre il finanziamento a 72 enti.

- CONTROLLO SPESA FARMACI: Acquisti centralizzati per le asl per trattare meglio il prezzo con i fornitori e interventi sui farmaci con una modifica delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico delle specialita' medicinali di classe a.

- 13 MLD DA AUTONOMIE TERRITORIALI: Alle Regioni vengono chiesti tagli per oltre 10 miliardi in due anni (2011 e 2012); ai Comuni e Province vengono chiesti risparmi di 1 miliardo e 100 nel 2011 e 2 miliardi e 100 nel 2012.

- PEDAGGI SU RACCORDI PER AUTOSTRADE: Si inserisce la possibilita' di 'pedaggiamento' di tratti di strade di connessione con tratti autostradali.

- ADDIO A SIR E REL: Addio al Comitato Sir costituito per gli interventi nei settori di alta tecnologia e che prese in carico le societa' chimiche di Nino Rovelli, ed anche alla Rel, la finanziaria pubblica costituita qualche anno piu' tardi per sostenere il risanamento dell'industria elettronica.


NAPOLITANO: MANOVRA NECESSARIA, SIA EQUA - "Non ho letto il testo del decreto per cui non posso giudicarla. Tuttavia sono convinto che una manovra sia oggettivamente necessaria per la riduzione del rapporto deficit-pil del 3% entro il 2012". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nella conferenza stampa in ambasciata dopo l'incontro con il presidente americano Barack Obama. "Più sarà equa socialmente - è l'auspicio di Napolitano - più sarà condivisa".







domenica 23 maggio 2010

LASCIAMOLO LAVORARE




La Legge Bavaglio deve passare al più presto, e nella sua versione peggiore. Prima passa, prima verrà cancellata dalla Corte costituzionale o dalla Corte di giustizia europea o da un referendum abrogativo che rischia seriamente di raggiungere il quorum. Ogni tentativo di emendarla per “migliorarla” è destinato a peggiorare le cose.

Ed è davvero mortificante vedere giornalisti e presunti oppositori mendicare uno sconto di pena o di multa dai delinquenti che ci sgovernano per rendere un po’ meno inaccettabile la porcheria. Le porcherie sono inaccettabili e basta. Ma che cosa siamo diventati? Un branco di accattoni che piatisce un po’ di pietà da un regime putinian-criminale, quasi che la libertà di stampa si misurasse a centimetri come la verginità delle demi - vièrges?

È soprattutto una questione di principio, oltreché di orgoglio e di dignità professionale: il governo e il Parlamento non possono vietare ai giornalisti di fare il proprio mestiere di informare i cittadini con notizie pubbliche e vere, punto. I politici non si devono permettere di decidere al posto nostro cosa si pubblica e cosa no, stop.

Se lo fanno, verranno respinti dalla Costituzione e dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo, che tutelano come sacra e inviolabile la libertà di espressione e il diritto dei cittadini a essere informati. Se il capo dello Stato, impegnato nella solita felpata pantomima degli “alti moniti” e della “moral suasion” per rendere meno porca la porcata, la firmerà, sarà un’altra volta complice di chi l’ha ideata ed esporrà l’istituzione Presidenza della Repubblica a una figuraccia, l’ennesima, non solo dinanzi alla Consulta, ma dinanzi al mondo intero.

Perché questa legge vergogna, più delle altre cento e passa approvate in questi 15 anni di democrazia privatizzata, sta facendo il giro del mondo, visto che non ha eguali nel pianeta. Ha già suscitato le reazioni indignate dell’Amministrazione americana, degli organismi internazionali da Reporters Sans Frontières a Freedom House.

Ha persino costretto il Pd ad annunciare l’ostruzionismo, pratica abbandonata nel lontano 2003 con la Cirami, a parlare di “regime” (meglio tardi che mai) e a evocare la Spagna franchista (naturalmente il programma elettorale del Pd del 2008 prevedeva lo stesso bavaglio alla stampa della legge Al Fano, infatti nell’aprile 2007 destra e sinistra avevano votato unanimi la legge Mastella che, quanto a bavaglio, era pure peggio della Al Fano).


Ha aperto nuove crepe nel Pdl fra berlusconiani e finiani.

Sta suscitando la rabbia dei cittadini, di sinistra e anche di una parte della destra, quella che si era bevuta la frottola della sicurezza e ora capisce di chi era quella sicurezza: di Berlusconi e della sua banda. Ha fatto riscoprire un minimo di orgoglio professionale alla scalcinata categoria dei giornalisti, almeno di quelli veri (persino Feltri e Sallusti sono anti-bavaglio; Belpietro, Polito El Drito e Filippo Mèches invece sono pro, infatti fanno un altro mestiere, molto antico fra l’altro).

Ha destato dal letargo Anm, Csm e persino il procuratore antimafia, l’equilibrista Grasso.

Ha addirittura stanato gli editori più paraculi del mondo e financo il Corriere, che una volta tanto ha affidato i commenti non ai soliti pompieri incompetenti, ma a gente che ci capisce come Ferrarella, Sarzanini e Grevi. Appena gli atti d’indagine saranno merce proibita, susciteranno un interesse spasmodico nell’opinione pubblica, tanto più se i magistrati convocheranno una conferenza stampa al giorno per spiegare alla gente di non poter più scoprire l’autore di questo o quel crimine a causa della nuova legge.

A noi giornalisti non mancheranno i canali per la disobbedienza civile: se la gente sarà davvero interessata a informarsi, riempirà le piazze e i teatri dove, consapevoli di violare una legge criminale e criminogena, useremo la tradizione orale per raccontare ciò che non potremo più fare sui giornali, salvo condannarli al fallimento.

Per una volta che Berlusconi lavora per noi e si scava la fossa, lasciamolo lavorare.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 23 maggio 2010






sabato 22 maggio 2010

Marco Travaglio intervista Santoro: “vi racconto tutta la verità”




“Scusa, Marco, ma tu pensi davvero che, se la Rai mi offriva di dirigere una rete o un tg, o se soltanto mi chiedeva di continuare Annozero senza più guerre, io me ne sarei andato a fare un salto nel buio?”.

Michele, è un’ipotetica del terzo tipo: alla Rai comanda Berlusconi.
Certo, ma il Pd ha tre consiglieri, tra cui il presidente. A me sarebbe bastato che un pezzo del Cda facesse una battaglia per noi. Invece, appena ricevuta la proposta di Masi sulla transazione per farmi uscire dall’azienda, anche i consiglieri del Pd si sono affrettati a votarla. La prova che non considerano Annozero una risorsa strategica per la Rai.

Secondo te perché?
Prima del 2002, a ogni tornata di nomine Rai, si faceva il mio nome per dirigere tg e reti. Nel ’94 la presidente Letizia Moratti (Forza Italia) mi voleva direttore del Tg3. Dall’editto bulgaro in poi, il mio nome è scomparso anche dalle rose di nomi, anche del centrosinistra. La verità è che l’editto bulgaro vige tutt’oggi, per giunta condiviso dal centrosinistra. La pregiudiziale contro di noi è unanime, anche molto in alto...

Quanto in alto?
Lasciamo perdere, per carità di patria.

La gente ti chiede perché non sei rimasto a difendere la trincea di Annozero : pensavi che comunque, a settembre, il programma non sarebbe ripartito?
Naufragata – grazie alle intercettazioni di Trani – la maxi-multa dell’authority che doveva fornire il pretesto per chiuderci, a settembre saremmo entrati in una diversa sfera di scontro: nuove trappole e altri ostacoli per impedirci di ripetere questa stagione straordinaria. Avremmo passato il tempo a schivare le pallottole, anziché studiare nuovi linguaggi per raccontare al meglio la realtà italiana. Innovare è impossibile in un’azienda che ti fa la guerra. Io per esempio non ne posso più di questo contraddittorio spacciato per pluralismo: il pluralismo è una regola democratica che dà voce a tutte le opinioni, il contraddittorio è un format spettacolare. Non sta scritto da nessuna parte che tutte le opinioni debbano esprimersi nello stesso posto contemporaneamente, magari l’una sull’altra, magari per coprire o per calunniare te mentre stai raccontando un fatto. Ma come si fa? Nella gabbia di questa Rai non avremmo potuto cambiare una virgola: ogni novità diventa un pretesto per bloccarci.

E quindi?
O garantiscono di smetterla, oppure è ora di raccogliere il messaggio di Raipernuanotte: ce ne andiamo fuori dalla Rai a sperimentare forme narrative nuove e più efficaci. A farla fuori dal vaso, liberandoci dal cappio dei partiti, ora che al Paladozza abbiamo sperimentato con successo nuovi canali di trasmissione. Perché il conflitto di interessi non è solo di Berlusconi, ma di tutti i partiti che occupano la Rai, le Authority e tutto il resto.

Davvero non c’erano speranze per Annozero quinta edizione?
Chi non vive in redazione non sa quante armi sfoderano per bloccarti: niente cachet per questo o quell’ospite, niente docufiction, no a questa o quella troupe, e poi le diffide dell’ufficio legale, i contratti dei collaboratori, le convocazioni dei ministri, la commissione di Vigilanza, le multe, i divieti di parlare di processi e inchieste, oltreché naturalmente di Berlusconi... Devi chiedere autorizzazioni su tutto e per tutto, anche per usare al meglio il tuo budget. Non a caso i prodotti più forti della Rai sono ormai fatti in outsourcing, vedi Che tempo che fa: molto meglio che sia la Endemol a invitare questo o quell’ospite… Poi c’è la strategia giudiziaria: cause civili abnormi come quella da 40 milioni di euro degli Angelucci e, alle spalle, un’azienda che invece di sostenerti ti fa causa a sua volta. Stare lì a parare i colpi significherebbe dare gioco facile ai censori e alla censura. Non potevamo continuare a pagare noi il biglietto per andare in onda.

Ma Annozero sotto assedio non è comunque meglio che niente Annozero ?
Non è detto. Oggi l’intero sistema politico è in crisi, ma Annozero da solo non può ribaltare il sottostante sistema dell’informazione. Rischierebbe di diventare un rito consolatorio, con una gigantesca platea che si ritrova il giovedì a celebrare il giorno del marinaio: stasera si parla male di tizio o di caio. Io speravo, tornando nel 2006, di contribuire a cambiare il sistema verso la libertà: lo dissi subito, invocando il ritorno di Biagi, di Luttazzi e della Guzzanti. Invece Annozero non si è propagato nel resto del sistema, che anzi espelle altre voci meno “eversive ” della tua, di quelle di Sabina, di Daniele: ora tocca a Morgan, a Busi... Che faccio, li chiamo tutti io nell’accampamento recintato? Arroccarsi sulla difensiva è sbagliato. A volte siamo riusciti a intaccare l’Agenda Unica, ma solo quando qualche grande giornale ci veniva dietro e trattava i nostri temi, o viceversa. Per il resto siamo rimasti soli nella gabbia.

Te la sei presa con Curzio Maltese che ha parlato di resa, ma non ha ragione lui quando osserva che oggettivamente Berlusconi e Masi hanno coronato il sogno di chiudere Annozero ?
Diversamente da Aldo Grasso, che è prevenuto e prevedibile, al parere di Curzio tengo molto. Gli chiedo di aspettare qualche mese prima di giudicarmi: io non alzo bandiera bianca e non vado in pensione, non oserei più guardarmi allo specchio. L’avventura che voglio intraprendere è rischiosa, ma appassionante. Spero che possa essere valutata già tra qualche mese. So bene che il pubblico, quando viene privato di un programma libero, uno dei pochi, reagisce male. È una reazione che non puoi cancellare, a meno di stare lì a lottare fino all’ultimo sangue, in attesa che ti neutralizzino. Ma, ora che posso, voglio fare quello che avete fatto voi con il Fatto Quotidiano: è il momento di liberarsi dei grandi gruppi editoriali e di fare da soli, cercando soluzioni più agili per far arrivare le notizie alla gente tramite altri canali. Se poi non ci riesco, vorrà dire che avrà vinto Berlusconi. Anzi i partiti. Ma non posso restare a queste condizioni in una Rai che – lo dice il suo presidente – potrebbe morire. Sarei complice dell’omicidio e l’alibi per l’assassino.

Che cosa vuoi fare da grande, oltre alle docufiction per la Rai?
È il capitolo più importante della mia nuova ricerca. Raiperunanotte insegna che, se il contenuto è forte, i contenitori si trovano, e con ascolti da grande tv generalista. Senza che nessuno ti possa bloccare o condizionare. La sfida è trasferire l’esperienza di quella serata unica nelle forme più efficaci, per fare di Raiperunanotte qual cosa di non episodico, di stabile.

Sogni ancora di fare un telegiornale?
Odio questa parola. L’obiettivo più scomodo per il potere, da raggiungere anche per gradi, è comunque qualcosa di nuovo che incida sul flusso quotidiano delle notizie. Ora che torno libero, mi guarderò intorno...

Parliamo di soldi. Da uomo di comunicazione, riconoscerai che certe cifre impressionano molto.
L’importante è che siano esatte e non inventate. Io non sono san Francesco né voglio apparire tale: sono un professionista che si occupa di questioni sociali e non vuole rinunciarvi per il ricattuccio volgare dei compensi. Se volevo far soldi, sarei rimasto a Mediaset, dove prendevo il doppio che alla Rai. Se volevo vendermi a Berlusconi, mi ero già venduto, come insinuava qualcuno. Ma è possibile che, per i cantori del libero mercato di casa Berlusconi o del Corriere della Sera , le regole della concorrenza valgano per tutti tranne che per me o per Grillo? Prima o poi farò un museo open air della mia vita, farò entrare la gente in casa mia, appenderò i miei stipendi e le mie dichiarazioni dei redditi, così si vedrà che non sono un nababbo: vivo bene, sono un privilegiato rispetto a milioni di persone in difficoltà, ma non rispetto ai miei colleghi. Sono disposti i miei colleghi a fare altrettanto?

Insisto sui soldi: che sono quei 10, quei 17 milioni di cui leggiamo?
Io guadagno 700 mila euro lordi, 370 mila netti, all’anno: stesso stipendio del 1999. L’azienda incentiva i dipendenti a uscire, me compreso, con uno scivolo di tre annualità. E siamo a due milioni, fine. Così me ne vado da un’azienda che dovrebbe pagarmi, anche se non facessi più A n n o ze ro , finoal 2016.

Vespa lamenta di essersene andato con soli 150 mila euro di liquidazione nel 2001.
Sì, ma poi gli hanno fatto un contratto di collaborazione di circa due milioni all’anno per molti anni in esclusiva. Io non avrò nulla del genere.

E i milioni per le docufiction?
Creerò una società per realizzare e fornire alla Rai “chiavi in mano” quattordici serate in due anni con prodotti prevalentemente cinematografici. Ovviamente è previsto un largo uso di attori. Costo medio: meno di quello che spende RaiDue per le sue prime serate. Quei soldi non sono mica per me, ma per tutta la squadra e soprattutto per il prodotto. Se poi prendo i soldi e scappo, mi arresteranno. Capirei se qualcuno dicesse: facciamole dentro l’azienda, queste serate. Ma è quel che dico da quattro anni e non trovo nessuno con cui parlarne.
Hai evocato Bersani e lui ti ha paragonato a Balotelli.
Ringrazio per la battuta, ma io attendo di sapere se il Pd vuole Annozero oppure no.

È vero che hai incontrato Bersani prima di decidere?
No, e perché mai? Io ai partiti non ho mai chiesto niente per il mio lavoro. Ma ho buone ragioni per sapere che Bersani era bene informato di quel che succedeva.

Van Straten e Rizzo Nervo dicono di aver approvato la transazione per farti un favore.
Nemmeno a loro ho chiesto niente, se non che dicessero la verità su cosa vogliono che la Rai faccia di me. Li ho informati della situazione due mesi fa, avevano tutto il tempo per farsi un’idea. Così come il presidente Garimberti: è impensabile che non conoscesse i termini della mia transazione con Masi. Se non erano d’accordo , potevano fare qualche obiezione.

Ricapitoliamo: tu prima hai parlato con Masi?
Certo, è il direttore generale. Gli ho chiesto che cosa voleva la Rai da me: mi date un canale satellitare, avete una proposta da farmi per il futuro? Risposta: proponga lei. Ho fatto una serie di proposte per il mio futuro da dipendente della Rai. Risultato: mi hanno trascinato in Cassazione per far annullare la sentenza d’appello che mi reintegrava in onda in base al mio contratto con la Rai. Ho chiesto a Masi: come si esce da una vertenza che potrebbe durare altri tre anni? Mi ha risposto che la soluzione era che uscissi dall’azienda con una transazione. Una condizione senza alternative. Allora ne ho parlato col presidente Garimberti e gli ho esposto il “pa radosso Santoro”: la Rai tratta come un clandestino, come un criminale, l’autore di un programma di punta che porta ascolti, pubblicità e guadagni all’azienda. Possibile che io sia un ingombro sopportato, anzi imposto dai giudici? Lui mi ha assicurato di non sapere nulla del ricorso della Rai in Cassazione.

A te pare possibile?
Gli ho detto ciò che avevo appena detto agli altri due consiglieri Pd: che intendevo riprendere il mio percorso creativo per la televisione che ho in mente, attendevo proposte dagli amministratori e le avrei considerate. Nessuna suggestione nemmeno da loro.

Ma non avevi chiesto l’unanimità del Cda sulla tua transazione?
Avevo chiesto che la Rai prendesse una decisione condivisa. Sono i consiglieri che dovevano analizzare l’accordo: se non li convinceva, non l’avrei firmato neanch’io. Se pensavano che dovessi andare avanti, anche rifacendo Annozero e basta, ne avrei tenuto conto. Invece hanno firmato tutti e ora dicono che l’hanno fatto per me: è la bugia del secolo. Hanno preferito accreditare la tesi che ero stanco e volevo arrendermi.

Ci sono spazi per rivedere tutto?
Gli amministratori sono loro, io sono un conduttore televisivo. Se hanno detto sì, vuol dire che erano tutti d’ac cordo con la linea di Masi per la mia uscita dall’azienda concordata con me. Ora si assumano la loro parte di responsabilità. Dicano che questa è l’unica soluzione possibile, per la destra e per la sinistra, oppure dicano che hanno cambiato idea. Se il Cda approva la delibera, io ne deduco che sono tutti d’accordo che io me ne vada. Se non lo fossero stati, io non me ne sarei andato. Ci hanno ripensato? Hanno deciso, finalmente, di costruire un progetto editoriale intorno a me e alla mia squadra? Se me lo dice qualcuno, io resto, anche per rifare Annozero . Ma se pensano che è meglio liberarsi di noi, allora voglio far rivivere lo spirito di Annozero fuori dal sistema dei partiti. È tutto molto chiaro, tutte le carte sono in tavola, troppo facile scaricare ogni cosa su di me. Del resto, Marco, ragioniamo: ma da quando in qua gli amministratori di questa Rai fanno quel che gli dice Michele Santoro?

Fonte: Il fatto Quotidiano del 21 maggio, in edicola

giovedì 20 maggio 2010

Questa sera, chi vuole, può ascoltare la versione di Michele Santoro




IL FEDERALISMO non si farà mai, le riforme neppure, il calo delle tasse è un sogno, ma almeno un obiettivo programmatico il governo Berlusconi l'ha centrato in pieno: la chiusura di Annozero. In fondo a una guerra cominciata nel 2002, con l'editto bulgaro, Silvio Berlusconi ha ottenuto la resa di Michele Santoro.

A parte cinque o sei milioni di spettatori, che però non contano nulla, sembrano tutti contenti. È felice il premier, per il quale Annozero era ormai diventata un'ossessione personale, come si evince dalle intercettazioni, anche quelle destinate a sparire nel nuovo giro di vite. È entusiasta il direttore generale Rai, Mauro Masi, detto "Zimbabwe", d'aver finalmente portato a termine la missione voluta dal presidente del consiglio. Pur se si tratta di chiudere la più redditizia trasmissione dell'intera azienda, alla fine di un anno record, con una media di oltre il 20 per cento di share su una rete, Raidue, ormai crollata al 9 per cento. Sono soddisfatti i consiglieri dell'opposizione, che appena possono votare con la maggioranza lo fanno sempre volentieri. Alla fine, se non contento, è sereno anche Michele Santoro, stanco di guerre legali. Soltanto un po' preoccupato che la "fabbrica della diffamazione" possa far passare la versione losca della vicenda, "quella da gossip, il comunista Santoro che vende i suoi ideali in cambio di una liquidazione milionaria". Peraltro già usata all'epoca contro Enzo Biagi.

Nel caso Santoro c'è un aspetto personale e uno politico. Il primo non è del tutto chiaro, forse nemmeno a Santoro stesso, che continua a cambiare idea. Ieri, alla vigilia della puntata, ha radunato la redazione e spiegato le sue ragioni. "Non è vero quello che leggete sui giornali, non ho firmato nessun accordo" è stato l'esordio. Ha chiesto a Masi una settimana per riflettere, per guardarsi intorno, anche per capire "se qualcuno ancora mi vuole in Rai". Ieri pomeriggio ha scritto una lettera aperta al segretario del Pd, Bersani, per chiedere la ragione dell'apparente assenso dei consiglieri di opposizione alla strategia di Masi. Ma poi l'ha cestinata, per decidere di "dire qualcosa stasera, in trasmissione". Della trattativa per uscire dalla Rai, chiudendo Annozero, non aveva parlato con nessuno, neppure con Marco Travaglio. Ma da mesi Santoro va dicendo d'essere stufo della battaglia legale con l'azienda che si trascina dal 2002 e rischia di durare ancora a lungo. Contro le promesse fatte a Santoro, dopo il successo di Annozero 2010, la Rai ha infatti deciso di ricorrere in Cassazione contro la sentenza che permette alla trasmissione di andare in onda. Senza peraltro, anche qui, alcuna opposizione dei consiglieri di minoranza. "Questo significa altri tre anni almeno di trincea con gli avvocati - ha spiegato Santoro ai suoi - Significa anche non poter cambiare d'una virgola il programma, non poter dare un'intervista perché ogni volta rischio il licenziamento. Significa doversi ripetere all'infinito in questa specie di soap dal titolo: ce la faranno i nostri di Annozero a durare fino alla prossima puntata? Basta". Per essere sinceri, significa anche non poter mai chiedere un adeguamento del contratto.

Santoro guadagna 500 mila euro netti all'anno, che in tempi di crisi possono indurre ad amare riflessioni, ma dal suo punto invidiabile di vista costituiscono un compenso fuori dal mercato televisivo. Dove, per fare un esempio a caso, uno come Bruno Vespa, con un programma certo assai meno remunerativo per l'azienda Rai, guadagna tre volte di più. A parte i milioni, c'è il divertimento. "L'ultima volta che ci siamo davvero divertiti è stato con 'Rai per una notte'. Ma se io cambio la formula di Annozero, non ho più lo scudo del magistrato e non posso andare in onda". Così, sulla scia dell'incredibile successo della manifestazione di Bologna, Santoro avrebbe deciso di andare al gran finale. O la Rai chiude la guerra e decide di trattare la squadra di Santoro per quello che è, una delle poche vere risorse strategiche del catafalco di viale Mazzini; oppure lui prende la baracca e la porta altrove, su Internet, sulle reti locali, sul modello di "Rai per una notte". "Il mio mestiere è fare il giornalista, non l'opposizione a Berlusconi".

Questa è la posizione personale di Santoro, che accetterebbe in cambio della resa di Annozero, uno "scivolo" di tre anni, circa due milioni, e la possibilità di fare cinque docufiction all'anno. C'è poi la vicenda politica, e qui il buio è totale. L'unica posizione comprensibile è quella del direttore generale Masi, che obbedisce agli ordini di Berlusconi. Meno chiaro è perché gli altri vertici aziendali siano così soddisfatti della chiusura dell'unico programma di punta della disastrata Raidue, il migliore di tutto il palinsesto per il rapporto fra costi e ricavi. Ancora meno chiara è la ragione della mancata opposizione dei consiglieri di minoranza, a meno di non dar retta alla sindrome di accerchiamento dello stesso Santoro. "Alla destra diamo fastidio, alla sinistra non facciamo favori, quindi l'intesa è bipartisan". L'ultimo dettaglio, in ordine d'importanza politica, è la possibile reazione dei milioni di spettatori di Annozero, che non pagano il canone soltanto per il Grande Fratello e per gli editoriali di Minzolini. Ma purtroppo gli spettatori non contano nulla nei giochi di potere della Rai e forse neppure abbastanza per un Michele Santoro stanco di fare il paladino

Fonte: Repubblica.it






mercoledì 19 maggio 2010

Magre Soddisfazioni.




Un sondaggio curato da Ipr Marketing e pubblicato nelle scorse ore ci regala una piccola rivincita sull'oscuramento dei media: Italia dei Valori è l'unico partito in Italia a non aver perso consensi. Mentre la fiducia degli elettori negli altri partiti crolla, quella nei nostri confronti rimane stabile.

La fiducia nella classe politica attuale si sta sgretolando giorno dopo giorno, è questo, oggi, uno dei problemi più gravi al quale occorre trovare una soluzione.
Elezioni dopo elezioni i votanti diminuiscono. Questo non pare preoccupare più di tanto i partiti. Perché chi fa politica per potere non guarda i dati dell'affluenza alle urne, ma solo quelli che determinano un'elezione o una bocciatura, e il potere viene assegnato anche se a votare si reca solo una manciata di persone.
La Politica fa solo, o quasi, i suoi interessi.

L'Italia deve ripartire prima che sia troppo tardi con due obiettivi prioritari: i tagli alla spesa pubblica e il rilancio dell'economia.

La spesa pubblica, che questo Governo continua a gonfiare, va ridimensionata partendo dai costi della politica: eliminare le Province, ridurre il numero dei parlamentari, adeguare (e quindi ridimensionare) lo stipendio dei politici a quello della media europea.

Alcuni investimenti inutili (come il ponte sullo Stretto e le centrali nucleari) vanno riallocati. Le missioni "di guerra" (come quella in Afghanistan) che costano al nostro paese 28 milioni di euro al giorno, vanno sospese immediatamente.
Occorre rilanciare il sistema economico-produttivo, incentivando le piccole e medie imprese. Bisogna promuovere le energie rinnovabili, e non il nucleare (pericoloso e dispendioso) come ha deciso di fare questo Governo.

E' necessario puntare sulla riduzione della pressione fiscale, sui modelli di Svizzera e Lussemburgo, per attirare investitori internazionali, oggi scoraggiati dalla corruzione. Vanno inoltre seguiti passo passo i finanziamenti che eroga l'Unione Europea e che finiscono nelle tasche delle organizzazioni criminali e dei politici corrotti.

Occorre un piano immediato fatto di tagli e di rilancio. Non c'è tempo da perdere.

Antonio Di Pietro

lunedì 17 maggio 2010

Niky Vendola e Luigi De Magistris venerdì 21 insieme a Napoli.



Venerdì 21 maggio alle ore 17.30 a Napoli, Città della Scienza (via Coroglio), si terrà l’iniziativa pubblica dal titolo “Sinistra e meridione. Un cantiere per il futuro”. All’incontro saranno presenti due esponenti della politica nazionale: Nichi Vendola e Luigi De Magistris. Si parlerà di ambiente, internet, lavoro, salute, beni comuni, migranti, saperi, diritti. Modera il dibattito: Pietro Orsatti.


Spero che quest’incontro non rappresenterà un fatto isolato ma la proclamazione di un alleanza Vendola De Magistris che presto si estenderà ad Ignazio Marino.

Un trittico pensante che potrebbe porre al centro della politica italiana ( Occupazione, Formazione, Salari, Casa, Sviluppo)………. (Legalità, Meritocrazia, Rispetto delle Regole)………. (Bioetica, Salute, Ambiente, Solidarietà) per me un sogno che da anni rincorro.


L’intesa tra Vendola e De Magistris sembra che si stia consacrando, Vendola ha presentato a Roma il libro dell’ex Magistrato, insieme a Ignazio Marino avrebbero dovuto presiedere un incontro pubblico patrocinato da il Manifesto che sarebbe dovuto andare in onda su Anno Zero, purtroppo annullato per questioni di lana caprina “qualcuno” ha rilevato un’imprevista sovrapposizione politica.

Venerdì si vedranno a Napoli dove tra un anno si vota, potrebbe essere questa l’occasione per investire Luigi De Magistris candidato a Sindaco di Napoli, l’ex magistrato, che ha già ottenuto il benestare di Di Pietro, TENTENNA sta a Niky Vendola accelerare e convincerlo ad accettare l’incarico.

Poi vedremo alle elezioni quanto è diffusa e reale la voglia di cambiare dei Napoletani.

Leggiamo su Il Manifesto: “questa scesa in campo per la città di Napoli costituirebbe certamente una novità di grande peso, destinata a rimescolare gli incerti equilibri del centrosinistra italiano”

Io sono un po’ scettico, temo che Vendola possa cedere alla sirena Veltroni uscita dalla porta e rientrata dalla finestra, l’uomo che di fatto, con le sue fobie, ha dato l’ultima spallata al governo Prodi, l’uomo che forse più di ogni altro ha contribuito a distruggere la Sinistra italiana fino ad arrivare al punto di “benedire” Craxi

Infatti su “Il foglio” Giuliano Ferrara ha fatto trapelare la nascita di una "nuova stronzata finalizzata al galleggiamento" un nuovo mensile voluto da Walter Veltroni, prevista per giugno, che si chiamerà Pane e Acqua. Ispirato a un nome francescano che serve, secondo i promotori, a ribadire la necessità di ricostruire, come recita il sottotitolo, “le idee progressiste”, Pane e Acqua avrà un comitato editoriale composto, come ha segnalato l’agenzia Asca, dai senatori Pd Roberto Di Giovan Paolo, Paolo Nerozzi e Vincenzo Vita, accompagnati dal capogruppo democratico a Strasburgo David Sassoli, molto legato a Franceschini.

David Sassoli è quel fenomeno strettamente legato a Franceschini che ha contestato Sonia Alfano in Parlamento Europeo per aver parlato di Mafia, lo stesso che insieme al suo gruppo (PD) si è astenuto dal votare la proposta di Sonia Alfano che sarebbe passata se il PD avesse votato a favore, la mozione prevedeva l’istituzione di una Commissione Antimafia Euroea.

Annuncia Giuliano Ferrara, da qui le mie perplessità, che accanto agli esponenti del Pd ci saranno quelli di Sinistra, Ecologia e Libertà, l’ex Arci e Terzo Settore, Nuccio lovene, l’ex responsabile Comunicazione del Prc, molto vicino a Bertinotti, Sergio Bellucci MA SOPRATTUTTO il nostro caro Nichi Vendola.


Niky non farti imbavagliare, Venerdì prossimo a Napoli dicci chiaramente che Giuliano Ferrara ha preso un abbaglio e che quanto afferma non è vero, questa scelta noi, pur sforzandoci, non riusciremo a capirla, tra l’altro questa ipotesi non si sposa con la prima.






domenica 16 maggio 2010

Emendamento del Grappino “se vieni sorpreso a guidare in stato di ebbrezza puoi continuare a guidare”




Ti hanno sospeso la patente perché hai bevuto troppo? Puoi guidare lo stesso, fino a 3 ore al giorno. E’ quanto prevede il cosiddetto “emendamento grappino” inserito nel nuovo codice della strada. Se superi il tempo consentito, nessuna multa. Risultato: puoi guidare con la patente ritirata per tutto il tempo che vuoi.

Le tre ore “d’aria” per chi ha la patente sospesa perché ha “alzato troppo il gomito”, oppure perchè correva oltre i limiti o sorpassava in modo azzardato e scorretto, sono previste nel codice della strada approvato dal Senato e ora nuovamente al vaglio della Camera e sono contenute nel cosiddetto “emendamento del grappino”, come lo hanno soprannominato in Veneto, dove al grappino non si può proprio rinunciare.

L’emendamento, presentato dal senatore leghista Gianpaolo Vallardi – sindaco di Chiarano, paese della zona doc dei vini del Piave e senatore autore del disegno di legge che legalizza la grappa fai da te – riguarda chi si è visto sospendere la patente per un’infrazione che non ha provocato incidenti, in molti casi per guida in stato di ebbrezza.

Secondo la norma queste persone possono chiedere entro 10 giorni una deroga al prefetto, un permesso specifico per andare a lavoro e tornare a casa: al massimo tre ore al giorno di guida «qualora risulti impossibile o estremamente gravoso raggiungere il posto di lavoro con mezzi pubblici e comunque non propri».

Vallardi ha spiegato che si tratta di salvare posti di lavoro, «perché c’è chi rischia di essere licenziato se non può contare sull’auto per raggiungere la fabbrica o l’ufficio».

Questa finestra, secondo il politico leghista “permette alle persone sanzionate di sopravvivere e il tempo scontato di massimo tre ore al giorno per la deroga, porterà anche a un allungamento della sanzione e dunque la pena non viene diminuita. Ecco perché – ha aggiunto – se da una parte è giusto sospendere la patente, è sbagliato impedire alla persona di raggiungere il posto di lavoro”.

Una deroga di 180 minuti, 3 ore dunque. Nel caso si guidi per 4 ore sforando il limite consentito? L’emendamento non prevede sanzioni. Una dimenticanza, forse una distrazione a dir poco singolare vista la linea dura adottata finora nelle discussioni sul nuovo codice della strada, che sembrava dovesse essere all’insegna della tolleranza zero. Questo sarebbe dovuto valere per l’eccessiva velocità così come per la guida in stato di ebbrezza, almeno fino all’avvento del “grappino”. Viene spontaneo chiedersi quanto la norma verrà osservata e quali deterrenti ci sono al suo mancato rispetto. Al momento nessuno.

Eppure con la sua tesi Vallardi ha convinto il Senato. Un’idea condivisa anche dall’ex ministro dell’Agricoltura Luca Zaia, secondo il quale due bicchieri di vino sono innocui, guidare si può, e comunque l’alcol non c’entra con il 98 per cento degli incidenti. Il tutto nel nome di quei «controlli che in Veneto si fanno, non come al Sud dove i ragazzi girano impunemente in motorino senza casco».

Il “grappino” però fa discutere e la Camera potrebbe dire no alla norma, dando il definitivo stop all’emendamento varato dal Senato. Al momento la discussione rimane aperta e tra i maggiori critici c’è proprio l’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada.


In una nota pubblicata sul sito ufficiale l’associazione chiede che l’emendamento venga ritirato e afferma: “Non si tratta di “sofisticherie”, ma della consapevolezza che l’auto in mano a un guidatore irresponsabile si trasforma in un’arma per uccidere, per fare una strage”


Vallardi vai affanculo te e tutti i leghisti, strano che non avete specificato che vale solo per gli italiani e non per gli extra comunitari

sabato 15 maggio 2010

Addio alle Pensioni.




Ieri l’altro ero seduto in un bar di Roma, gustavo il mio caffè corretto al fernet e attendevo l’arrivo di un mio amico con il quale avevo appuntamento, nell’attesa non potei fare a meno di ascoltare la conversazione di un nutrito gruppetto di giovani che parlava a voce alta: argomento principe “le pensioni”.


Varie erano le interpretazioni ma tutte riconducibili ad un’unica sintesi tanto bizzarra quanto demenziale: “non possiamo essere noi a pagare le pensioni agli anziani” è palese che questi ragazzi non sono a conoscenza di quale possa essere l’iter contributivo, a carico dei lavoratori dipendenti, che gli permette loro di usufruire di una pensione, questa ignoranza in materia rischia di creare uno scontro generazionale a partire dalla prossima estate, sicuramente ad Agosto, quando il governo varerà la nuova maximanovra biennale da 25 miliardi che ha un nome preciso PENSIONI.


Questi giovani dovrebbero sapere che un lavoratore dipendente versa all’INPS il 48% del proprio stipendio lordo attraverso un mancato compenso frutto di una legge tipicamente italiana pari al 39% del reddito più un 9% trattenuto mensilmente dallo stipendio.


Negli altri paesi questi soldi vengono versati al lavoratore, sarà lui a decidere quale percentuale versare e a quale istituto previdenziale affidarsi, da noi, grazie ad una vecchia legge fascista che ci considera incapaci di intendere e di volere questa operazione viene svolta convenzionalmente dal datore di lavoro, che a volte si dimentica, e l’istituto previdenziale non lo possiamo scegliere è uno solo l’INPS per i privati INPDAP per i dipendenti pubblici.


L’INPS nel corso degli anni questi soldi li ha investiti in immobili che poi ha affittato a canoni sociali, con il ricavato ha pagato per anni le pensioni, le casse integrazioni, le malattie, ecc.ecc.

Così è stato fin quando non sono apparsi sulla scena politica italiana il grande imbonitore (Berlusconi) e lo scienziato della finanza creativa (Tremonti) che hanno trasformato INPS in un bancomat al quale “tutti” potevano prelevare ma questo non è bastato allora attraverso le famose “cartolarizzazioni” hanno costretto L’INPS a vendere i propri immobili compresi i loro uffici e paradossalmente a pagare gli affitti nei locali che poco prima erano di proprietà.


Così hanno quadrato i conti, complice una comunità europea disattenta e un opposizione all’acqua di rose.

Ora siamo alla frutta………….per ritardare almeno di tre anni (DOPO DI LUI IL DILUVIO) una crisi simile a quella che ha investito la Grecia,
questo governo sta studiando un progetto per congelare, almeno per un anno, l’uscita dall’aziende di 100.000 dipendenti privati con inevitabili ricadute in termine occupazionali sulle nuove assunzioni inoltre riapriranno la questione donne per equiparare al pubblico le signore che lavorano nelle aziende private.

Leggo su La Repubblica on line che:

Altri tagli verranno effettuati sul rinnovo dei contratti del pubblico impiego, il governo conta di recuperare un miliardo. Inoltre non si esclude la notizia del blocco della erogazione delle liquidazioni degli statali: oggi lo Stato deve pagare entro tre mesi (pena gli interessi di mora). Con le misure allo studio dei tecnici il tempo di attesa potrebbe essere raddoppiato. Si parla anche del blocco degli scatti di anzianità per alcune categorie, come i magistrati e i professori universitari. Allo studio anche l'azzeramento delle risorse per l'imposta agevolata al 10 per cento sui premi di produttività.

Infine la questione fisco. Accantonata ogni possibilità di riduzione fiscale, si pensa ad una stretta sui giochi e sul lotto, vera e propria gallina dalle uova d'oro dell'erario per la grande partecipazione popolare alle scommesse.

Poi ci saranno altri condoni fiscali, edilizi, tutti quei provvedimenti tesi a favorire chi non rispetta le regole, infatti la “lotta all’evasione fiscale” non figura in questa manovra ma credo neppure nella testa di Tremonti.


Fate attenzione perché un progetto subdolo per creare uno scontro generazionale è già in atto.




venerdì 14 maggio 2010

DE BENEDETTI ATTACCA IL PD


Il de profundis di De Benedetti fa salire la tensione nel Pd


Carlo De Benedetti spiega a Paolo Guzzanti che, “grazie” alla guida editoriale del Gruppo L'Espressso, «mi sono attirato un ulteriore numero di nemici rispetto a quelli che avevo già prima». L'Ingegnere osserva poi che «fare un giornale indipendente vuol dire che io e D'Alema non ci parliamo più». Oppure che «Bersani si lamenta con me dicendo che Ezio Mauro sta più al telefono con Franceschini che con lui». Conclusione: «Si immagini cosa me ne frega a me di quanto sta al telefono Mauro», scandisce l'editore di Repubblica.
Ecco a voi Guzzanti vs De Benedetti, editore Aliberti. Pagina 247.

Che Carlo De Benedetti avesse deciso ormai da tempo di rinunciare alla sua ideale tessera numero uno di questo Pd era cosa nota. Ma il “duello” con Paolo Guzzanti, che il deputato-giornalista ha raccolto nel gustoso libro che sarà presentato oggi al Salone di Torino, dimostra che per l'Ingegnere lo stato maggiore che governa i Democratici deve arrivare quanto prima al canto del cigno.

Pier Luigi Bersani? «Come leader è totalmente inadeguato», sostiene De Benedetti. «Lui è D'Alema stanno ammazzando il Pd». Già, D'Alema. Secondo l'editore di Repubblica, il presidente di ItalianiEuropei ha fatto «tantissimi errori» e «non capisce più la sua gente» (questo brano del libro, insieme a una divertente cronistoria del suo rapporto con Berlusconi, è stato anticipato ieri dal Fatto quotidiano). Basta prendere il caso pugliese, aggiunge, «la storia dell'alleanza con Casini, poi fallita perché Vendola ha vinto sia le primarie che le elezioni regionali».

Nel pensiero che De Benedetti affida a Guzzanti c'è anche la storia dell'«odio» (testuale) che l'attuale stato maggiore nutrirebbe nei confronti di Repubblica, del suo editore, del suo direttore. «Nel Partito democratico», dice l'Ingegnere, «s'è diffusa la voce secondo cui Ezio Mauro punterebbe alla leadership del partito e a oscurarne i dirigenti attuali. È una cosa assolutamente falsa. Ma intanto i rapporti fra Mauro, me e alcuni di loro, fra cui Massimo D'Alema, si erano deteriorati al punto che ormai ci ignoriamo».
Per la replica ufficiale di Bersani alle argomentazioni di De Benedetti probabilmente bisognerà aspettare stasera, quando il segretario del Pd sarà ospite di Otto e mezzo. Ma chi gli ha parlato ieri giura che il leader dei Democratici abbia reagito all'anticipazione del libro di Guzzanti con un moto di stizza: «Io non sono certo il tipo che passa il tempo al telefono coi direttori di giornale o che si lamenta con gli editori, io...».

Oltre i puntini di sospensione potrebbe esserci un riferimento a Franceschini? Oppure, salendo pe' li rami, qualche sospetto sulla coincidenza temporale tra il j'accuse dell'Ingegnere e il ritorno sulla scena di Walter Veltroni? Una cosa è certa. Secondo Bersani, «l'eccessivo protagonismo di alcuni rischia di fare un danno a tutto il centrosinistra». Non a caso, a chi nelle ultime quarantott'ore gli ha chiesto un giudizio sul ritrovato «protagonismo» dell'ex segretario, il leader del Pd ha risposto: «Non si può abbandonare la nave nel momento in cui sta naufragando e poi pretendere di tornare al comando nel momento in cui le acque si sono placate».

È vero, la sconfitta all'ultima tornata elettorale è ormai alle spalle. E, tsunami politici a parte, all'appuntamento elettorale che conta mancano tre anni. Ma è difficile sostenere che il Pd navighi in acque tranquille. Il partito non è attrezzato per l'eventuale crollo della baracca berlusconiana, non ha un alternativa da proporre in caso di elezioni anticipate. E, soprattutto, le fibrillazioni nate con l'uscita veltronian-franceschiniana di Cortona hanno contagiato anche la maggioranza.

Ieri, un gruppo di deputati bersaniani riuniti da Enrico Letta e Rosy Bindi (il segretario era fuori Roma) hanno processato in contumacia il capogruppo. Uno di loro, il toscano Luca Sani, ha accusato Franceschini di essere «un irresponsabile. Come il dottor Jekyll e mister Hyde: nelle assemblee del gruppo dice delle cose, poi va a Cortona e fa esattamente l'opposto». Tra i parlamentari c'è chi ha polemicamente citato la bocciatura di De Benedetti invitando il segretario «a considerare come un vanto» le accuse dell'editore di Repubblica. Ma anche i bersaniani sono pronti a chiedere un cambio di passo al segretario che, così recita la vulgata, «pochi mesi fa ha compiuto l'errore clamoroso di affidare al suo sfidante la presidenza del gruppo parlamentare». Adesso, è l'adagio, «bisogna recuperare sul piano dell'iniziativa politica». E, possibilmente, «farlo prima che la minoranza lanci l'opa ostile».

Iniziativa o non iniziativa, opa o non opa, la rottura tra quel mondo rappresentato da De Benedetti e la maggioranza bersanian-dalemiana s'è consumata. Definitivamente. Fin qui quello che l'Ingegnere ha detto a Paolo Guzzanti. Ma il «non detto», forse, è ancora più curioso. Nelle 355 pagine di Guzzanti vs De Benedetti, Walter Veltroni non è mai citato. Infatti, al pari di Francesco Rutelli (l'altro possibile leader che l'Ingegnere aveva benedetto ai tempi della «tessera numero uno»), non figura nell'indice dei nomi. Passi per Rutelli, che ormai ha preso casa in una piccola formazione politica fuori dai confini del Pd. Ma l'ex segretario appena rientrato in pista? Neanche un accenno.

Il RIFORMISTA giovedì, 13 maggio 2010






giovedì 13 maggio 2010

LA LISTA DI ANEMONE: 370 INTERVENTI ANCHE PER POLITICI E PRELATI.







Dice Luciana Littizetto:

"L'Italia e gli italiani si dividono in due gruppi, che non sono quelli di destra o quelli di sinistra, sono quelli che gliene frega ancora qualcosa e quelli che non gliene frega una beatissima mazza, che se ne battono il culo.

Sono quelli che se ne fregano, se ne impippano bellamente della politica senza pensare che quella roba lì conta di più sulle loro vite che non tutte le Coppe dei Campioni messe insieme.

Sono quelli lì che sono la vostra forza, i distratti, quelli che se ne fregano, quelli che se vedono un politico che si riempie le mutande di soldi o prende la stecca e si porta a casa tre trofie travesite da zorro dicono "chi se ne frega, anzi, che figo quello lì", così dicono.


Le società di Diego Anemone avrebbero effettuato tre ristrutturazioni nelle case del capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Due volte sarebbero stati invece svolti lavori nell'appartamento privato dell'ex ministro Claudio Scajola, quella dimora con vista Colosseo per la quale l'architetto Angelo Zampolini aveva versato 900.000 euro. Alla mamma del funzionario Mauro Della Giovampaola sarebbe stata mandata una squadra in una casa di Ostia, mentre il commissario per i mondiali di nuoto Claudio Rinaldi avrebbe avuto gli operai per ben tre volte.


Tra le «voci» anche Claps


La lista degli appalti e delle commesse ottenute dal costruttore — accusato di aver corrotto politici e funzionari per aggiudicarsi i lavori pubblici, in particolare quelli inseriti nei Grandi Eventi — svela la sua rete di relazioni. Il documento, allegato agli atti dell'inchiesta, è stato sequestrato nel suo computer al momento dell'arresto. Contiene l'elenco dei 370 incarichi svolti tra il 2003 e il 2008, poco prima che l'indagine della magistratura rivelasse l'esistenza di una «cricca» in grado di pilotare le assegnazioni. L'analisi del documento è stata affidata agli investigatori della Guardia di Finanza che stanno controllando tutte le voci per verificare la regolarità delle procedure e soprattutto accertare se alle persone citate nella lista è stata emessa regolare fattura. Ma anche scoprire che cosa ci sia dietro alcune diciture che appaiono al momento incomprensibili. Per fare un esempio è citato due volte "Claps Potenza" che subito rimanda al caso della ragazza ritrovata morta nel soppalco, ma non si capisce in realtà a che cosa si riferisca.

Lo «scambio» sugli appalti

La scorsa settimana, durante la conferenza stampa convocata a Palazzo Chigi, Bertolaso — che è indagato per corruzione — aveva svelato l'esistenza di un contratto di consulenza ottenuto da sua moglie per il rifacimento dei giardini del circolo Salaria Sport Village di Anemone e confermato come lo stesso costruttore si fosse occupato di alcuni lavori di falegnameria nel suo appartamento. Probabilmente sapeva che gli investigatori lo avevano già scoperto e ha detto di voler chiarire i termini della questione. Non ha però parlato di altri due incarichi che Anemone avrebbe svolto privatamente per suo conto. E su questo si concentra adesso l'attenzione dei pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi. I magistrati sospettano infatti che questi «favori» elargiti dall'imprenditore siano la contropartita per gli incarichi ottenuti per il G8 de La Maddalena, i Mondiali di Nuoto e le celebrazioni dell'Unità d'Italia. Stesso discorso riguarda le case e le successive ristrutturazioni effettuate per Scajola e Pittorru. Entrambi hanno comprato appartamenti (uno l'ex ministro, due il generale) con soldi che sarebbero stati messi a disposizione dal costruttore e adesso si scopre che il «pacchetto» prevedeva anche interventi strutturali nelle dimore. Un beneficio del quale avrebbero goduto anche alcuni funzionari delle Infrastrutture. Nella lista c'è un riferimento alla figlia di Maria Pia Forleo, la responsabile dell'ufficio contratti, interrogata a Firenze nelle scorse settimane proprio sui regali che avrebbe ottenuto anche da altri imprenditori. Anche Della Giovampaola e Rinaldi — anche loro sotto inchiesta — dovranno esibire le eventuali fatture di pagamento per smentire l'ipotesi dell'accusa che i lavori privati siano stati in realtà una ricompensa per l'atteggiamento favorevole dei confronti del Gruppo Anemone.

Politici e prelati

Nell'elenco sequestrato ci sono le palazzine delle Fiamme Gialle e la sede della Protezione civile di via Vitorchiano a Roma, ma anche la camera da letto e la cucina di Palazzo Chigi. Ci sono il carcere minorile di Casal del Marmo e la sede del ministero del Tesoro, la sede dell'avvocatura e quella di Forza Italia, il palazzo dei congressi dell'Eur e una dicitura ancora misteriosa: «Appartamento via Arno del papa». Ci sono gli uffici del ministero per le Politiche Agricole e quelli dei servizi segreti in piazza Zama. E poi ci sono i lavori effettuati al Viminale grazie alla concessione del Nos, il nulla osta di sicurezza. Incarichi che Anemone sarebbe riuscito a ottenere grazie ad Angelo Balducci, potente Provveditore ai lavori pubblici che lo avrebbe favorito anche nell'ambito dei Grandi Eventi grazie alla possibilità di procedere a trattativa privata e fornendogli di fatto — nell'arco di tutti questi anni — l'esclusiva sulle opere che venivano autorizzate dai suoi uffici. Monsignor Francesco Camaldo, dal quale l'autista tunisino Ben Laid Hidri Fathi ha raccontato di aver accompagnato spesso Anemone, è citato in relazione all'Università Cattolica San Giovanni. E poi ci sono i lavori effettuati per l'attuale vicepresidente del Csm Nicola Mancino quando era ministro dell'Interno. Per alcune persone — per esempio Vietti, Lisi, Lupi — sono inseriti soltanto i cognomi e bisognerà verificare di chi si tratti realmente. Altri, come i vertici della polizia Antonio Manganelli e il suo predecessore Gianni De Gennaro sono inseriti nella lista ma nel primo caso si tratta di lavori non effettuati e nel secondo di interventi pagati e regolarmente fatturati.

Gli amici famosi

Negli atti depositati nelle scorse settimane ci le intercettazioni telefoniche di Anemone e di Balducci con numerose persone e nel corso di alcune conversazioni si parla anche di favori dati e ricevuti. Frequenti sono i contatti con Giancarlo Leone, potente funzionario Rai, che veniva contattato per far lavorare nelle fiction Lorenzo Balducci, figlio attore dell'alto funzionario. Il suo nome è contenuto nella lista delle «commesse», così come quello del regista Pupi Avati o del produttore cinematografico Andrea Occhipinti. È stato proprio Hidri Fathi a raccontare come Balducci facesse regali costosi ai registi pur di agevolare la carriera del ragazzo. Decine e decine di nomi apparentemente non forniscono alcun elemento di interesse per l'inchiesta, ma si dovrà verificare la posizione di tutti coloro che hanno rivestito incarichi pubblici per verificare se i rapporti con il costruttore celino in realtà interessi che riguardano gli affari. Per questo sarà probabilmente interpellato l'ex direttore generale di Alitalia Zanichelli e verranno verificate le posizioni di alcuni ufficiali della Guardia di Finanza e alcuni agenti della polizia inseriti nell'elenco, per verificare che tipo di legame avessero con Anemone e se abbiano mai subito pressioni o richieste di favori.

Fonte: Corriere.it







Referendum contro la Privatizzazione dell'Acqua RACCOLTE OLTRE 400.000 FIRME




In tre settimane raccolte gia' 400mila firme per i referendum contro la privatizzazione dell'acqua. A dare notizia del successo che sta accompagnando l'iniziativa referendaria e' stato oggi Corrado Oddi del Forum italiano dei Movimenti per l'acqua. Intervenendo all'incontro di presentazione del Marcia per la pace in programma domenica da Perugia ad Assisi, Oddi ha ricordato che l'acqua rientra tra i beni comuni e che quindi "non si vende". La campagna referendaria - ha aggiunto - sta andando bene: "In tre settimane abbiamo raccolto 400mila firme e a memoria non ricordo un successo di questo tipo anche perche' le persone che si avvicinano ai nostri banchetti si dimostrano interessate e informate. Aderiamo alla Marcia di domenica dove continueremo a raccogliere le firme contro chi vuole far profitti con l'acqua".


A LENOLA SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA’ E ITALIA DEI VALORI CONTINUERANNO LA RACCOLTA DI FIRME:

DOMENICA PROSSIMA SAREMO SUL COLLE DALLE ORE 11.00 ALLE ORE 13.00 E DALLE ORE 18.00 ALLE ORE 20.00

sabato 8 maggio 2010

PER QUANTO TEMPO ANCORA VOGLIAMO CONTINUARE A FARCI DEL MALE




Democratici, Minoranza riunita a Cortona: Corriere della Sera
08 maggio 2010 Alessandro Trocino

Apre il costituzionalista Roberto D’Alimonte con un’analisi dei flussi elettorali. E non è un inizio rituale. Perché sottolinea i molti voti che dall’era veltroniana a oggi sono andati perduti. E perché, messaggio trasversale a D’Alema, fa notare come l’Udc dimezzi i propri voti quando si presenta con il centrosinistra. Anche da questi dati Area democratica, minoranza del Pd a congresso a Cortona, fa discendere conseguenze politiche importanti. Riassunte da Dario Franceschini: «Dobbiamo riprendere a camminare e se non ora quando? O si cambia o il Pd si spegne e si divide». Il monito dell’ex segretario diventa un vero e proprio j’accuse nell’intervento successivo di Pierluigi Castagnetti, che non usa giri di parole: «È il momento di dircelo chiaramente, non c’è qualcuno che se ne vuole andare: c’è qualcuno che vuole che qualcun altro esca»

Parole pesanti, pronunciate davanti a una folta platea che oggi assisterà all’intervento degli altri leader della minoranza del Pd: Walter Veltroni, Beppe Fioroni, Franco Marini, Piero Fassino e Paolo Gentiloni. Oltre a Ignazio Marino e Michele Meta, per la prima volta a Cortona. Unità delle minoranze (insieme rappresentano il 48 per cento del partito), ripresa simbolicamente da Franceschini quando cita uno slogan biblico usato più volte da Marino: «Vogliamo un partito capace di dire "sì, sì o no, no"». Relazione di una certa asprezza, quella dell’ex segretario, che non mette in discussione la leadership di Pier Luigi Bersani, ma fa aleggiare l’ombra lunga della scissione. Extrema ratio, certo, ma neanche da scartare. Gli ex popolari sono sul piede di guerra e Castagnetti spara ad alzo zero: qualcuno vuole «spaccare» il partito, basta guardare a «quello che accade nelle giunte regionali dove alla minoranza viene lasciato solo il diritto di platea». Se è così, è giusto rivolgersi direttamente a Bersani: «Poniamo la questione direttamente a lui. Se non se ne rende conto, dobbiamo farlo noi. Chiedere e offrire il disarmo delle divisioni ereditate dalle primarie».

Non sarà facile, visti gli equilibri. Ma non è solo questione di poltrone. «Spirito del Lingotto » e «riformismo necessario» animano Cortona e l’intervento di Franceschini. Che analizza l’avanzata della destra, non condivide l’entusiasmo per Fini («è e resterà un nostro avversario »), rivendica l’«antiberlusconismo » di quando era segretario e contesta il dialogo «una settimana sì e una no, a seconda degli ammiccamenti ». Franceschini ammonisce sullo stato del partito in Calabria (dove chiede un commissariamento) e contesta la locuzione «partito sexy» usato da Enrico Letta, termine più «adatto alle categorie berlusconiane». Sulla legge elettorale ribadisce la preferenza per un sistema che rafforzi il bipolarismo e quindi dice no al sistema tedesco e al ritorno delle preferenze, «che portano inesorabilmente a costi altissimi delle campagne elettorali, con tutti i rischi connessi ». Meglio una legge elettorale «che restituisca agli elettori il diritto di scegliersi gli eletti con collegi uninominali».

L’ex segretario, in sintonia con gli ex popolari, considera «irrinunciabili» le primarie. Proprio come i veltroniani. Anche se per Walter Verini «il segretario del Pd deve coincidere con il leader che candidiamo a governare». Franceschini svaria anche in altri campi, chiedendo, causa crisi economica, «una moratoria nell’acquisto di sistemi d’arma» da parte del governo. Poi conclude, affondando il coltello nella piaga: «Abbiamo perso le ultime elezioni ». Non solo: «Abbiamo registrato una grave emorragia di consensi in termini assoluti. Più di 4 milioni di voti dalle Politiche del 2008. Siamo al punto più basso della nostra brevissima storia». Lo dice anche D’Alimonte, contrario alla tesi che alle Regionali ci sia stata un’inversione di tendenza: «Il risultato del 2008 è stato straordinario, ma è stato buttato via da chi l’ha denigrato e non ha saputo difenderlo». Un destro offerto a Veltroni. Che sale oggi sul palco, pronto a rivendicare l’attualità della sua stagione e la consistenza della sua eredità.

BERLUSCONI E BOSSI RINGRAZIANO