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Fa impressione l’elenco completo del più vasto patrimonio immobiliare al mondo, sfuggito a ogni serio censimento, sin qui noto solo agli addetti ai lavori delle segrete stanze pontificie. Stando alle stime (non ufficiali) il 20 per cento dell’intero patrimonio immobiliare italiano,escluso quello estero, farebbe riferimento alla Chiesa di Roma che nella Capitale vedrebbe salire percentualmente la sua potenza edilizia fino a un quarto dell’intero comparto. Ventitremila fra terreni e fabbricati (appartamenti, negozi, uffici eccetera) intestati a centinaia di entità diverse fra enti, diocesi, istituti, congregazioni, confraternite, società, tutte realtà comunque riconducibili al Vaticano.Un numero imprecisato di appartamenti per migliaia di unità. Quasi 600 palazzi fra istituti e conventi, 50 monasteri, più di 500 chiese, 22 conventi, 400 immobili fra case generalizie, cliniche private, ospizi, case di riposo, residenze private, scuole, seminari, oratori, una quarantina di collegi e via discorrendo. Un patrimonio continuamente aggiornato e incrementato dal trading immobiliare e da sempre crescenti lasciti e donazioni dei fedeli.Calcolando per difetto, gli esperti contano in oltre 115mila proprietà il vero tesoro vaticano in tutta Italia. Da brividi il suo controvalore di mercato. Secondo i responsabili del «Gruppo Re» (Re sta per Religiosi ecclesiastici) che assiste i ministri del culto nella gestione del loro immenso tesoro immobiliare «se a metà degli anni novanta i beni delle missioni si aggiravano intorno agli 800 miliardi di vecchie lire, oggi dovrebbero valere dieci volte di più.
Con Rutelli diventato cattolicissimo dopo la folgorazione sulla via del Campidoglio e i successivi finanziamenti a grandine per il Giubileo (3.500 miliardi), un altro parlamentare radicale, Maurizio Turco, s’è messo d’impegno per venire a capo del più vasto patrimonio immobiliare mondiale. E giorno dopo giorno, facendo la spola fra gli uffici del partito in via di Torre Argentina e gli archivi del catasto, ha ricostruito casa per casa le proprietà della Chiesa. Un lavoro immenso,pazzesco e sfiancante, reso complicato dalle non sempre corrette descrizioni degli stabili e degli enti di riferimento riportate sul registro degli immobili.
Un lavoro che non tiene però conto del grande affare del turismo religioso a cui si ricollegano le migliaia di «case per ferie» seguite direttamente dai religiosi per un fatturato annuo da 4 miliardi di euro. Ci si dovrebbe soffermare inoltre sul business delle alienazioni dei sacri palazzi, attraverso il cambio di destinazione d’uso, a holding immobiliari, enti istituzionali, attività commerciali e compagnie alberghiere.In tre anni numerosi conventi o seminari sono stati riconvertiti e trasformati in hotel oppure in condomini da 30/40 appartamenti l’uno, ceduti o affittati, per un giro d’affari da centinaia di milioni di euro. Un business reso più fruttuoso dalle tante agevolazioni fiscali di cui gode
C’è poi l’8 per mille, finanziamento “volontario” sul gettito totale del patrimonio soggetto ad IRPEF,versato da ogni cittadino ed inserito d’ufficio nei moduli della denuncia dei redditi.Proprio qui scatta un’astuta trappola escogitata a suo tempo dei nostri “laici” politicanti sull’input dei (mon) signori della gerarchia. Siccome com’era prevedibile e fu previsto,solo un terzo dei contribuenti, per pigrizia,menefreghismo o disperazione,sceglie a chi devolvere il suo 8 per mille,l’art.37 della relativa legge di attuazione recita:“In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione (dei quozienti da distribuire del gettito totale) si stabilisce in proporzione alle scelte (percentualmente) espresse”.
E poiché, com’era prevedibile e fu previsto, tra la minoranza che opera una scelta solo il 35% non opta a favore della Chiesa Cattolica, questa oltre alla quota parte espressamente assegnatale, ottiene di incassare anche l’85% dell’intero gettito relativo.L’ammontare di tale cifra, stornata dai redditi dei cittadini, ed in un certo senso prelevata direttamente dalle loro tasche, è stato calcolato in circa un miliardo per anno. In teoria, una tale enorme somma dovrebbe essere destinata ad opere di carità, ma le stesse cifre ufficiali della C.E.I. ammettono che il 46% dell’incasso viene destinato “alle esigenze del culto [del Papa]” tradotte in adunate oceaniche,viaggi papali,ecc.ecc. il 34% al sostentamento del clero e solo il restante 20% ad interventi caritatevoli.