
Nonostante la Commissione di cui sono membro si occupi di libertà pubbliche, giustizia, sicurezza, affari interni e immigrazione, c'è un tema che mi sta a cuore: il lavoro.
Per questo ho seguito fin dai primi momenti la vicenda dei lavoratori 'Eutelia-Agile', vittime di spregiudicate operazioni finanziarie fuorilegge. La Agile, con una disinvolta operazione finanziaria voluta dalla banca Monte Paschi (che controlla Eutelia), è stata ceduta dalla Eutelia Spa. Questa cessione ha interessato più di 1.000 persone: sia giovani ventenni che persone di altissima professionalità e competenza che lavorano nel settore da più di 40 anni. Gran parte di questi lavoratori adesso viene definita 'sacca di personale improduttivo'. Non dimenticherò mai la telefonata, ricevuta verso metà novembre, che mi avvertiva di un'incursione 'squadrista', come una sorta di 'spedizione punitiva' al presidio Eutelia di Via Bona, a Roma. Sono stati momenti concitati, avevo preso a cuore la vicenda di questi lavoratori e mi ha molto angosciata l'idea che l'ex amministratore dell'azienda, Samuele Landi, potesse commettere atti di questa gravità.
Proprio a Novembre sono intervenuta al Parlamento europeo su questa vicenda, durante una plenaria, spiegando che l'azienda non aveva rispettato le norme comunitarie sui trasferimenti aziendali. Queste norme, contenute nella direttiva 2001/23/CE, che è stata recepita in Italia con decreto legislativo 18/2001, richiedono specifici requisiti di imprenditorialità da chi acquisisce un ramo d'azienda, in termini di organizzazione dei mezzi di gestione del rischio, proprio per tutelare i lavoratori da cessioni illegittime e strumentali. Il licenziamento dei lavoratori in esubero subito dopo l'acquisizione è la prova che la Agile non avesse questi requisiti e che l'operazione era stata creata ad hoc per dichiarare fallimento e liberarsi dei 1.192 esuberi. Eutelia ha cosi potuto licenziare i lavoratori senza dover pagare loro il TFR, che secondo i calcoli corrisponde a 54 milioni di euro, rimasti così a disposizione dell'azienda.
Ho presentato anche un'interrogazione scritta alla Commissione per chiedere come intendesse garantire il rispetto della normativa citata, al fine di rendere effettiva la tutela dei lavoratori vittime di grandi operazioni speculative del mercato, e se intendesse provvedere all'adozione di norme per prevenire violazioni di legge che, come nel caso di specie, possono configurarsi come dei reati di truffe economiche a danno dei lavoratori.
Ho ricevuto risposta soltanto il 21 aprile.
La Commissione sostiene che nella situazione da me descritta si potrebbe applicare la direttiva 98/59/CE del Consiglio, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi: la direttiva stabilisce che un datore di lavoro che prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo. Nelle consultazioni devono essere esaminate le possibilità di evitare o di ridurre i licenziamenti nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento.
La direttiva 2008/94/CE stabilisce l'obbligo degli Stati membri di assicurare che un organismo di garanzia assicuri, entro certi limiti, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati che risultano da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro in caso di insolvenza del datore di lavoro. Purtroppo, però, a norma dell'articolo 3 paragrafo 1 della direttiva, spetta al diritto nazionale determinare se le indennità dovute a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro sono coperte dalla garanzia di pagamento da parte dell'organismo di garanzia. La Commissione mi ha inoltre avvertita che non è autorizzata ad interferire con decisioni prese da imprese private e poiché le direttive sono state recepite in Italia, spetta alle autorità nazionali competenti (in particolare ai tribunali) garantire l'applicazione corretta ed efficace delle disposizioni nazionali di recepimento, alla luce delle circostanze specifiche ad ogni caso, allo scopo dell'adempimento di eventuali obblighi del datore di lavoro.
In questi mesi mi sono resa conto di quanto ci sia bisogno di lavorare anche sul Parlamento europeo. Non basta il Trattato di Lisbona ad accorciare le distanze tra l'Europa e gli Stati membri, è evidente. Contrariamente a quanti pensavano che il Trattato di Lisbona avrebbe limitato le competenze degli Stati membri, infatti, spesso la Commissione europea volutamente restringe il proprio campo d'azione per non interferire sulle decisioni degli Stati membri, atteggiamento apprezzabile qualora ci trovassimo di fronte a governi responsabili e corretti. In questo caso, come in tanti altri, forse sarebbe opportuno agire solo ed esclusivamente nell'interesse e a tutela dei lavoratori, e non di uno Stato membro che pecca in buon senso e viola la dignità dei propri cittadini solo ed esclusivamente per fare arricchire i soliti furbetti del quartierino, gli amici degli amici e i parenti.
SONIA ALFANO
7 commenti:
Write ti abbiamo inviato un email...................
letto e risposto
fatto
vladi, GRAZIE....
Un ultimo piacere potete attaccare una copia del volantino anche nella nostra bacheca????
Grazie e scusa per il disturbo.
Un abbraccio.....
Avevo un maledettissimo difetto....quello di non capire quando stare zitta.
Ora sono diventata grande e sono migliorata...anche se non di molto.
Ragazzi cari,se possiamo fare altro basta che lo dite.
A proposito di volantini!!!! C'è qualcuno che va in giro per Lenola ad "appicicarli"????
Oggi sto troppo nervosa........
Minny, Wrhite a questi qui se je date na mano se piano pure er braccio
Entro un attimo nel blog e chi ti trovo………..zonacesarini………”giovanotto” ma non avevi promesso che saresti stato paziente………….dai vedi un po’ quello che puoi fare, evitiamo di fare illazioni che potrebbero dare un significato politico a questa storia dell’acqua, argomenti per fare polemiche non mancheranno, stai tranquillo. Ciao write26
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