
Questa mattina, invece di occuparmi delle mille questioni politiche che devo affrontare in qualità di Presidente dell’Italia dei Valori, ho dovuto provvedere a querelare il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, per un’altra grave scorrettezza che ha commesso ai miei danni. Ha titolato in prima pagina e a tutto campo: DI PIETRO E IL CAPOCOSCA. (scarica il pdf dell'articolo 111 Kb)
Se poi si va a leggere l’articolo, che però viene nascosto in tredicesima pagina, il giornalista Nuzzi precisa: “Di certo Di Pietro non sapeva che a chiedergli la foto era una squadretta di uomini della ‘ndrangheta”. (guarda la frase evidenziata - 401 Kb)
Insomma si scopre solo che dietro al titolo, “sparato” in prima pagina, non c’è null’altro che una foto richiesta da alcune persone presenti in un ristorante dove mi trovavo.
Anche stamattina - e ieri e l’altro ieri e da quasi vent’anni a questa parte - mi sono imbattuto come accade tutti i giorni, in persone che per strada - o al ristorante o in aeroporto o in stazione - mi chiedono una foto ricordo. E’ una prassi alla quale una persona pubblica non può sottrarsi, anche per rispetto all’interlocutore al quale non si può certo richiedere il certificato penale.
E allora perché dare tanta rilevanza a questo fatto insignificante fino a farne un titolo in prima pagina? Un motivo c’è ed è a mio avviso criminale: collegare la mia persona a quella delle altre persone che sono state appena arrestate ieri, con l’accusa di aver costituito e partecipato ad una filiale della ‘ndrangheta a Milano. Insomma far credere che anche io possa avere qualche ruolo in quella associazione mafiosa.
Il titolo a caratteri cubitali, disposto o comunque fatto disporre dal direttore Maurizio Belpietro, contiene allusioni storicamente false, volutamente denigratorie e perciò dolosamente diffamatorie.
Esso presenta evidenti “forzature” rispetto alla realtà dei fatti e viene esposto in tutta evidenza, con ampi caratteri e con appositi riquadri di richiamo, con il solo scopo di attirare e falsare l’attenzione dell’opinione pubblica su concetti che Belpietro vuole capziosamente trasmettere ai lettori.
I titoli sono fondamentali per colpire l’immaginazione del lettore. Essi rappresentano la “notizia principale”, quella che “resta nella memoria” degli ascoltatori nel tempo. La sera tardi o la mattina presto, milioni di persone, distratte o indaffarate, usano ascoltare la rassegna stampa che le varie televisioni nazionali e locali trasmettono tutti i giorni. E’ un incontrovertibile dato di fatto che l’opinione pubblica viene indirizzata soprattutto attraverso i “titoli” dei giornali e - qualora i direttori dei giornali operano in malafede come nel caso di specie – il libero convincimento viene scientemente e coscientemente manipolato.
E’ capitato così che anche ieri sera e questa mattina, milioni di persone hanno potuto (anzi, hanno dovuto) apprendere una notizia materialmente falsa, fin dalle sue fondamenta, sparata dal quotidiano Libero.
Insomma, il modo in cui il direttore Belpietro - utilizzando proprio le parole che ha usato nei titoli e nei riquadri – ha confezionato la notizia è un capolavoro di disinformazione.
Segnalo al riguardo che i titoli ed i sottotitoli hanno una loro autonoma rilevanza penale sul piano della diffamazione, come ha già avuto modo di riconoscere anche la Suprema Corte, laddove ha affermato che “se il titolo dell’articolo ha un’autonoma ed oggettiva portata offensiva, non si rende necessario passare a valutare in quale contesto essa si ponga, tenuto conto che il titolo dell’articolo ha un particolare forza di richiamo dell’attenzione del lettore, tale da prescindere dal contenuto del testo” (Cassazione, sez. terza, sentenza 19.12.2008 – 27.01.09 n.ro 1976, Presid. Di Nanni).
A tale riguardo, è stato anche più volte affermato dalla Corte di Cassazione che “può configurarsi una violazione del canone della continenza formale, ovvero di un onere di presentazione misurata della notizia, anche sulla base della considerazione autonoma del titolo di un articolo giornalistico rispetto al testo ed al contesto dell’articolo” (Cass. 07.12.05 n. 26999; Cass 25.01.2000 n. 9146; Cass 23.07.2003 n. 11455; Cass 05.04.2005 n. 7063)”.
Per queste ragioni il direttore Maurizio Belpietro dovrà rispondere in tribunale.
Bravo Tonino, così avrai l'ennesimo risarcimento che non pagherà Bel Pietro ma il suo PADRONE e indovina dove prenderà i soldi.
2 commenti:
BASTEREBBE RECUPERARE IL 10% DELL’EVASIONE PER FARE UNA FINANZIARIA COSI’ COME LA VUOLE TREMONTI.
L’Istat ha diffuso le stime aggiornate al 2008 del Pil attribuibile all'economia sommersa.
Nel 2008 il valore aggiunto prodotto nell’area del sommerso economico è compreso tra un minimo di 255 e un massimo 275 miliardi di euro, un valore più di dieci volte superiore alla manovra economica al vaglio del Governo in questi giorni, che tra tagli e nuove tasse arriva a 24 miliardi di euro.
Il peso dell’economia sommersa è compreso tra il 16,3 per cento e il 17,5 per cento del Pil (nel 2000 era tra 18,2 e 19,1 per cento).
Tra il 2000 e il 2008 l’ammontare del valore aggiunto sommerso registra una tendenziale flessione, pur mostrando andamenti alterni: la quota del sommerso economico sul Pil raggiunge il picco più alto (19,7 per cento) nel 2001, per poi decrescere fino al 2007 (17,2 per cento) e mostrare segnali di ripresa nel 2008 (17,5 per cento).
Il fenomeno dell’economia sommersa è molto complesso e la sua dimensione può essere stimata analizzando i diversi comportamenti fraudolenti assunti dagli operatori economici per evadere il sistema fiscale e contributivo. La pratica dell’utilizzo di lavoro non regolare, ad esempio, è strettamente connessa al mancato versamento dei contributi sociali: nel 2008 erano circa 2 milioni e 958 mila le unità di lavoro non regolari (ula).
Ma l’impiego di lavoro non regolare rappresenta soltanto una componente dell’economia sommersa. La parte più rilevante del fenomeno è costituita dalla sottodichiarazione del fatturato e dal rigonfiamento dei costi impiegati nel processo di produzione del reddito. Nel 2008 l’incidenza del valore aggiunto non dichiarato dovuto alle suddette componenti raggiunge il 9,8 per cento del Pil (era il 10,6 per cento nel 2000).
A livello settoriale l’evasione fiscale e contributiva è più diffusa nei settori dell’Agricoltura e dei Servizi, ma è rilevante anche nell’Industria. Se si considera la sola economia di mercato, senza considerare, cioè, il valore aggiunto prodotto dai servizi non market forniti dalle Amministrazioni pubbliche, il sommerso nel 2008 rappresenta il 20,6 per cento del Pil, contro il 17,5 per cento calcolato per l’intera economia.
14 luglio 2010
Pubblico la lettera che Michele Santoro ha mandato al Direttore generale della Rai Mauro Masi e per conoscenza al Presidente Paolo Garimberti e ai consiglieri d’amministrazione.
Gentile Direttore,
al termine di una stagione faticosa, durante la quale sono stato costretto a lavorare più per contrastare manovre politiche e impedimenti burocratici che per realizzare un prodotto televisivo, solo al fine di trovar modo di continuare a svolgere la mia professione con un minimo di serenità, avevo accolto il tuo invito a valutare una ipotesi transattiva che ponesse fine all’interminabile vicenda giudiziaria che mi riguarda.
Ma siccome nessuna azienda seria rinuncerebbe a cuor leggero a una trasmissione come Annozero e nessuna azienda libera discuterebbe di materie contrattuali riguardanti i suoi dipendenti come ha fatto la Rai, addirittura dedicando intere trasmissioni alla nostra cosiddetta trattativa, si è scatenata una incredibile concatenazione di errori di comunicazione e polemiche.
Oggi sono costretto a constatare che non si è ottenuto il risultato sperato: individuare soluzioni che appaiano e siano dalla parte del pubblico.
E’, invece, risultato evidente che Annozero, perfino da chi esprime nei suoi confronti critiche violente, è considerato un elemento assai importante del panorama informativo italiano. Il clamore suscitato dalla eventualità di una sua soppressione, al di là delle critiche ingiustificate e immotivate sulla portata e il valore del possibile accordo, ha dimostrato inequivocabilmente che un pubblico enorme non vuole rinunciare ad uno dei suoi appuntamenti preferiti.
Perciò lasciami dire che, indipendentemente dalle tue intenzioni, la tattica di rinviare continuamente la conferma in palinsesto del programma, anche dopo quanto emerso dall’inchiesta di Trani, conferma nell’opinione pubblica la convinzione di un carattere strumentale dell’interesse manifestato per le nuove trasmissioni alle quali avrei potuto dar vita.
Non c’è più spazio, quindi, per rinvii e ambiguità. E non c’è più tempo per trovare alcun accordo tra noi che non preveda la messa in onda di Annozero.
Ti prego di provvedere di conseguenza a sbloccare le pratiche che con i miei collaboratori sono state già tutte opportunamente istruite e consegnate alla Rete dopo aver definito con il Direttore Liofredi e gli uffici competenti della Rai date e modalità produttive.
La mancata messa in onda del programma sarebbe un grave danno per il servizio pubblico e mi costringerebbe ad impiegare tutte le energie per difendere diritti miei, dei miei collaboratori e degli spettatori.
Ti ringrazio per la cortese attenzione e ti invio i miei più cordiali saluti.
Roma, 14.07.10
Michele Santoro
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