
“Altro che giuristi indipendenti e di alto profilo, qui il rischio è che si formi un Consiglio superiore di avvocaticchi”. L’onorevole sfoga la sua rabbia col cronista nella fornace di piazza Montecitorio. Pretende l’anonimato, ma i nomi che il suo partito sta facendo circolare per Palazzo dei Marescialli proprio non gli piacciono.
L’appello lanciato da Margherita Hack, Andrea Camilleri e Paolo Flores d’Arcais su MicroMega (scegliete personalità di alta statura giuridica) sembra proprio caduto nel vuoto dell’accordicchio con l’Udc di Casini per la nomina di Michele Vietti come vicepresidente, e delle altre designazioni in perfetto stile lottizzatorio. Tanto all’area laica del Pd, tanto a quella cattolica.
Sono otto le nomine di membri “laici” che spettano al Parlamento, cinque alla maggioranza di governo, tre alla minoranza. I nomi che circolano sono quelli dell’avvocato Guido Calvi, già senatore, membro di importanti commissioni d’inchiesta, per l’area laica di osservanza strettamente dalemiana, e di Luca Petrucci, avvocato di Piero Marrazzo. Per l’area cattolica, dopo il no di Sergio Mattarella, rispunta, nonostante le smentite dei giorni scorsi, la candidatura del sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani, dell’ex sottosegretario prodiano Roberto Pinza, e di Marina Magistrelli, avvocato – ha difeso Ali Agca – e parlamentare di fede prodiana.
Trasparenza addio
Ma nel Pd scoppia la rivolta dei senatori. “Questa volta scegliamo noi e per tempo, non voterò un nome deciso su un divano di Montecitorio tra D’Alema e Casini, perché sono stufo di ricevere un bigliettino e dire sì a scatola chiusa”. Felice Casson, ex magistrato, è uno dei quaranta senatori che hanno firmato la lettera appello di Ignazio Marino ai vertici del Pd. “Nel 2006 votammo al buio e si è visto come è andata a finire, ora si deve discutere nella massima trasparenza e si deve decidere su chi votare. I nomi? Di altissimo livello, non c’è dubbio”. Non piace il metodo, piace ancora di meno l’accordicchio con Casini sul nome di Vietti. “Ma a chi contesta consiglierei di offrire una soluzione forte che riesca ad unire componenti togate e laiche del Consiglio e ad evitare che la vicepresidenza del Csm finisca nelle mani del centrodestra”, replica Andrea Orlando, responsabile Giustizia del Pd. Che smentisce tutte le indiscrezioni giornalistiche circolate in questi giorni: “Di nomi non abbiamo parlato, si stanno verificando più personalità in grado di conquistare i voti anche dei settori più moderati del plenum. Più che del metodo, lo ripeto, mi preoccuperei di evitare che Berlusconi conquisti anche Palazzo dei Marescialli”.
I “pizzini” di partito
Si preparano giorni di fuoco per Bersani. I quaranta senatori (da Franca Chiaromonte all’ex prefetto De Sena, dall’ex magistrato Gerardo D’Ambrosio all’ex sindacalista cofferatiano Paolo Nerozzi) chiedono in modo nettissimo che “il dibattito avvenga in maniera seria, rigorosa e in piena trasparenza e che sia rispettato, prima di ogni altro, il principio del merito. Discussioni di tale portata e delicatezza devono essere condotte all’interno del gruppo parlamentare in quanto unica sede preposta e non in altre, non ben identificate, sedi di partito”.
“Io non ho l’esperienza politica di leader con molte legislature alle spalle e che erano già leader nel secolo precedente come Massimo D’Alema e Dario Franceschini, ma ho esperienza di come si selezionano soggetti che devono svolgere funzioni delicate in altre parti del mondo”, ironizza il senatore Ignazio Marino. “Il metodo non può che essere quello della massima trasparenza per individuare personalità di altissimo profilo e indipendenti. Questa dovrebbe essere la bandiera del Pd: la scelta dei migliori per il bene del Paese. E invece i nomi che circolano non mi sembra che vadano in questa direzione. Spero che le cose che leggo in questi giorni su possibili accordi tra Bersani e Casini sul nome di Vietti, non siano vere. Altrimenti Bersani ci dovrà dire come facciamo a spiegare alla gente che al Csm voteremo chi ha partecipato alla depenalizzazione del falso in bilancio e si è astenuto sulla legge sul legittimo impedimento. In ogni caso, si deve discutere, io ho proposto dei nomi di altissimo profilo come il professor Grevi e l’avvocato Vittorio Angiolino, gli altri presentino personalità dai curricula più forti. Ma sia chiaro: non andrò a votare con un bigliettino del partito infilato in tasca, nessuno mi può chiedere questo”.
Anche la deputata Rosa Calipari ha scritto a Dario Franceschini, capogruppo dei deputati Pd. “Chiedo semplicemente che i parlamentari siano messi nelle condizioni di discutere, Franceschini mi ha assicurato che nei prossimi giorni si riuniranno gli uffici di presidenza dei gruppi, poi si vedrà”.
cuneo per la destra
Cuneo per la destra
Al Partito democratico parla anche il centrodestra con Maurizio Gasparri che avverte. ”Abbiamo appreso in queste ore che c’è una preclusione verso un candidato laico che non sia di centrosinistra. Si sta creando uno stallo in Parlamento. Voglio sapere, e lo chiedo alle istituzioni, se c’è una preclusione verso un candidato il cui profilo non sia coincidente con i desiderata della sinistra. Sono minoranza in Parlamento e nel Paese e trovo inaccettabile la pretesa di porre veti”.
Fonte: IlFattoQuotidiano.it
8 commenti:
Nel corso di questa stranissima estate, dove in pochi vanno in vacanza perché già è difficile arrivare alla fine del mese, stiamo assistendo alle peggiori porcate, una finanziaria che penalizza i più deboli e non finanzia lo sviluppo, il bavaglio alla stampa, la legge sulle intercettazioni, mentre la lega preme per il federalismo fiscale, protagonista sempre lui Silvio Berlusconi l’uomo che ormai è al capolinea, inseguito dalla giustizia e contestato fortemente dalla sua stessa maggioranza i sondaggi lo danno al minimo storico.
Questo non è accettabile per il Maggiore Partito di opposizione e allora come al solito D’Alema e la sua cricca corrono per soccorrerlo: “ governo di larghe intese per fare le riforme, disponibilità a scatola chiusa per i finiani, inciuci con casini.
Tutti film già visti, quei film da cassetta che in genere allontanano il grande pubblico dalle sale cinematografiche, nel nostro caso, dalle urne.
Michele Vietti vicepresidente del Csm? “No grazie” Risponde massimo Donati di IDV, “lasciamo al Pd e Udc l’onere di spartirsi la torta. Parteciparvi sarebbe una sconfitta per la democrazia ed il trionfo di quella logica dell’inciucio che non appartiene e non apparterrà mai a Italia dei Valori. Mai come in questi giorni, alla luce delle cronache giudiziarie, che vedono coinvolti anche settori importanti e significativi della magistratura, emerge con chiarezza la necessità di restituire al Consiglio superiore della Magistratura la dignità e l’autorevolezza che gli è propria, insieme all’improcrastinabile urgenza di tirarlo fuori dalle secche di una logica di spartizione partitica che è riuscita ad infangarlo. Per questo, Italia dei Valori, sin dal primo momento, ha invitato tutti i partiti a fare la nostra stessa scelta, ovvero quella di indicare nomi di giuristi di alto lignaggio, di assoluto prestigio e competenza, estranei alla vita di partito e alla militanza politica.
Noi, dice Massimo Donati, abbiamo fatto nomi e cognomi con trasparenza e alla luce del sole: Vittorio Grevi, Gustavo Zagrebelsky, Bruno Tinti e Francesco Saverio Borrelli. Dunque, con tutto il rispetto per persone e cose, Michele Vietti è un nome che respingiamo con decisione, non solo per le ragioni di cui sopra ma perché il suo profilo e cursus honorum corrisponde proprio a quell’uomo di mezzo, trasversale, bipartisan, in perfetto stile democristiano, che di certe logiche spartitorie e di una certa politica dei due forni, ne ha fatto una questione di stile e di vita.
Michele Vietti è stato sottosegretario alla Giustizia nel governo Berlusconi II e sottosegretario all’Economia nel Berlusconi III. A questo, si aggiunga che è uno dei padri della depenalizzazione del falso in bilancio, leggina grazie alla quale il premier ha evitato una condanna ai processi All Iberian e Consolidato Fininvest perché “il fatto non costituisce più reato”. Si è fatto promotore del ripristino dell’immunità parlamentare, nel giorno in cui Marcello Dell’Utri veniva condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
E’ l’autore del legittimo impedimento blocca processi per il premier a scadenza, in attesa di un lodo costituzionale. Circostanze, leggi e fatti che ci portano a bocciare con convinzione la sua candidatura. Quali garanzie di autonomia e indipendenza garantirebbe Michele Vietti? Per questo, noi respingiamo ai mittenti la sua candidatura”
Io comincio a provare un po’ di disgusto per questo alleato, se non fosse per quei quaranta senatori, da Franca Chiaromonte all’ex prefetto De Sena, dall’ex magistrato Gerardo D’Ambrosio all’ex sindacalista cofferatiano Paolo Nerozzi che chiedono in modo nettissimo che il dibattito avvenga in maniera seria, rigorosa e in piena trasparenza e che sia rispettato, prima di ogni altro, il principio del merito, questi pi diessini li avrei già mandati a fare un giro sui monti.
write26
Wrhite ma di quale PD parli? Di questo?
http://www.cronachelaiche.it/2010/06/dalema-la-religione-cattolica-non-puo-essere-schiaciata-nella-sfera-privata/
L'ho sentito anch'io Bersani il Festaiolo ieri su RAI 3 come dici tu: "che pena" !!!!!!!!!!!!!!!
“La Chiesa è una risorsa straordinaria di questo paese e guai se in un paese così fragile come l’Italia la religione cattolica fosse compressa e schiacciata nella sfera privata. Ne deriverebbe un pauroso impoverimento degli elementi coesivi della società italiana“. Parole di Massimo D’Alema.
Nessuno nega il valore sociale di talune componenti della Chiesa cattolica. I preti di strada e le parrocchie che operano su territori dove il degrado sociale più si fa sentire meritano certamente attestati di stima, a prescindere dalla religione che promulgano. Ma da qui a dire, come in sostanza fa D’Alema, che la religione cattolica debba appartenere alla sfera pubblica, ce ne corre. L’uso poi di parole come ‘compressa’ e ‘schiacciata’ rende questo messaggio, oltre che sbalorditivo, anche strumentale.
Senza schiacciare né comprimere alcunché, il ruolo della religione come insieme di valori e credenze ha un’unica collocazione: quella della sfera individuale. La Costituzione italiana lo ribadisce bene, e il Manifesto del partito che D’Alema stesso rappresenta anche. Guai a confondere i valori di uno Stato laico con quelli di una religione, sia pure la maggioritaria del Paese. E’ da qui che nascono quei pasticci legislativi che mischiano l’etica di pochi con i diritti di tutti.
Ancora una volta il Pd si distingue per un’ambiguità che già gli ha procurato una discreta perdita di credibilità e voti. Ancora una volta si trova a rincorrere valori che non gli appartengono e che, guarda caso, sono invece ben cavalcati – e con notevoli risultati – dal Governo del quale sarebbe all’opposizione.
Forse D’Alema ha parlato a titolo personale? Una cena tra amici sarebbe stata allora l’occasione migliore per dar sfogo in libertà ai suoi pensieri e al desiderio ben evidente di una alleanza con lo scudo crociato di Casini. O forse voleva proprio che all’agognato alleato arrivasse forte e chiara la proposta?
D'Alema, frullato preistorico
di Marco Travaglio
La proposta sul governo di larghe intese è vecchia tanto nella forma quanto nei contenuti. Ma, soprattutto, è un maldestro tentativo di puntellare il berlusconismo al tramonto
(22 luglio 2010)
Massimo D Alema Massimo D'AlemaC'è un che di preistorico nell'intervista rilasciata da Massimo D'Alema al "Corriere della sera" per proporre "un governo di transizione, di larghe intese o come vogliamo chiamarlo" (già, come vogliamo chiamarlo?).
Anzitutto per il linguaggio che fa impallidire le fumisterie politichesi di Rumor, Moro e Forlani. Un frullato di "prospettive incerte", "prendere le mosse", "preoccupazione vivissima per lo stato del Paese", "momento di responsabilità in cui si affrontino i problemi del Paese", naturalmente "con coraggio", per "un nuovo patto sociale", anzi "patto per la crescita", insomma un "appello alla responsabilità per aprire una fase nuova", una "soluzione temporanea legata a obiettivi precisi", tipo "un compromesso ragionevole (guai se fosse irragionevole, ndr) tra nord e sud in materia di federalismo", per sventare "gli elementi di scollamento" con il "maggior partito di opposizione" che è "pronto a riconoscere la logica di un ragionamento di questo tipo".
Ma come parli, Max? Mancano solo le convergenze parallele e la pausa di riflessione. De Mita, al confronto, era Tacito. Una sola cosa emerge chiara e lampante dalla colata di piombo inflitta al "Corriere": D'Alema non sopporta che Berlusconi defunga - com'era prevedibile da tutti, fuorché da lui - per motivi giudiziari anziché per la formidabile opposizione del Pd. Infatti sostiene, restando serio, che "non si esce da una crisi di questo tipo attraverso una soluzione giudiziaria, come immagina parte dell'opposizione, o attraverso una campagna moralista e giustizialista". Che poi è esattamente il mantra berlusconiano: "No a una nuova Tangentopoli, no al giustizialismo e al giacobinismo".
Il fatto è che, se Scajola, Brancher e Cosentino si sono dovuti dimettere, non è certo per i "salti di qualità" inventati da D'Alema, ma per le indagini penali che la sottocultura dalemiana ostinatamente e ostentatamente ignora dai tempi della Bicamerale (sarà un caso, ma in tutta l'intervista Max non dice una parola sulla condanna in appello per mafia di Dell'Utri, suo grande fan e supporter nella fallita corsa al Quirinale del 2006).
La vuotaggine linguistica è figlia della nullaggine politica: chi, dinanzi alla catastrofe biblica che travolge il sistema, non trova di meglio che dire "fermiamoci un momentino altrimenti l'Italia va a rotoli", appartiene al mondo dei trapassati.
Quando D'Alema deride Berlusconi per il "tentativo abbastanza maldestro di riassorbire Casini", dimentica che lui, da due anni a questa parte, non fa altro che tentativi abbastanza maldestri di assorbire Casini (anche a rischio di regalare pure la Puglia al Pdl). E poi che altro sarebbe il "governo di transizione, di larghe intese o come vogliamo chiamarlo", se non l'ennesimo tentativo abbastanza maldestro di puntellare il berlusconismo putrescente con l'accoppiata perdente Pd-Udc? Cose che capitano quando, come diceva Einstein, si affida la soluzione dei problemi a chi ha contribuito a crearli.
Fonte l'ESPRESSO on line
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/dalema-frullato-preistorico/2131275
Questa volta il governo cade veramente, si capisce dallo stato confusionale del PD e dei suoi “massimi” esponenti.
Niky Vendola : “La sinistra deve curarsi ha una grave malattia, la sindrome di Zelig. Per paura di perdere contro Pdl e Lega, si traveste da destra. Per paura di perdere il consenso del mondo cattolico, si traveste da cardinale. Per paura di perdere i voti degli imprenditori, si traveste da Confindustria”
http://www.giornalettismo.com/archives/73460/vendola-io-figlio-berlusconismo/
Whrite, perchè "pi diessini" il PDS non esiste più da anni ora c'è il PD
Perché sono indignato dalle stronzate di D’Alema, Veltroni, Bersani, a quelle di Enrico Letta (nipote di Gianni Letta) Dario Franceschini (pupillo di Ciriaco De Mida) ci ho fatto l’abitudine.
Quella sporca dozzina...
di Giuliano Girlando, (UNO DEI TANTI GIOVANI DI ITALIA DEI VALORI, UN CARO AMICO)
Appena rientrato da Palermo, dopo una tre giorni indimenticabile di commemorazione della strage di via d'Amelio per Paolo Borsellino e gli angeli della sua scorta , ecco che mi sono imbattuto nei primi commenti a tutta l'iniziativa, commenti che si fermano al “ma eravate 100 persone”.Una frase che sinceramente non mi è nuova e mi evoca esperienze già vissute. Erano pochi quelli che all'ultimo congresso dei Democratici di Sinistra scelsero la seconda mozione per il socialismo europeo e non per il Partito Democratico, erano pochi quelli che all'ultima direzionale nazionale del Pdl votarono il documento di Gianfranco Fini, in fondo erano pochi anche quelli del Popolo Viola che presidiavano il Parlamento durante la discussione del ddl intercettazioni, pochi erano quelli delle manifestazioni antimafia in Calabria a Rosarno e Reggio Calabria, pochi quelli della manifestazione antimafia di Libera a Milano e così via. Il commento eravate pochi sta sempre per una sparuta minoranza che è sinonimo di azione politica o civile di poco peso e poco conto, poiché ormai vige il motto “Siamo eletti del popolo, abbiamo il consenso, siamo maggioranza e quindi si fa come diciamo noi”. Proprio questo è il punto.
Da qui sono cominciate le picconate alla struttura costituzionale della Repubblica, poiché per costituzione si prevede che le minoranze vanno tutelate, ma non solo per costituzione italiana è così e deve essere così per il resto della comunità europea. Ma in questa italietta a mo di Sultano la costituzione diventa carta straccia poiché se è vero che fu merito di una minoranza illuminata del paese, una maggioranza ignorante ha tutto il diritto di stracciarla. Se così fosse le nostre battaglie dovrebbero cessare da domani. Ma non è così per nostra fortuna o sfortuna o viceversa per sfortuna o fortuna di qualcun altro. Io credo che queste sporche dozzine che si aggirano nell'arco costituzionale del paese rappresentato in Parlamento e non, quelle sporche dozzine che sono i movimenti di protesta nati negli ultimi anni, stanno cominciando a costruire passo dopo passo un approccio diverso all'analisi politica e alla lotta sociale. E a chi volta lo sguardo, chiude le persiane delle finestre o chinando il capo si scrolla le spalle con un laconico “sono tutti uguali state perdendo tempo”, a queste persone io preferisco le sporche dozzine, le cento agende rosse del castello Utveggio, i finiani alla Angela Napoli e Fabio Granata, i democratici alla Ignazio Marino, Pippo Civati e Rosario Crocetta, le minoranze di sinistra ecologia e libertà, i vendoliani, i movimentisti e girotondini dell'Idv... Io preferisco di gran lunga quell'Italia che non puzza di compromesso morale, l'Italia che si indigna e non dimentica, l'Italia di Falcone e Borsellino, quell'Italia che non lascia spazio ai Mangano e ai Graviano.
*Popolo delle agende rosse
26 luglio 2010
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