
Il Partito Comunista Italiano (PCI) fu un partito politico italiano nato il 21 gennaio 1921 a Livorno con la denominazione di Partito Comunista d'Italia (sezione italiana della III Internazionale) come scissione della corrente di sinistra del Partito Socialista Italiano guidata da Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci, che abbandonarono la sala del Teatro Goldoni dove si svolgeva il XVII Congresso socialista, convocando un congresso costitutivo presso il Teatro San Marco. Alle prime elezioni alle quali partecipò, nel 1921, elesse 16 deputati per la XXVI legislatura. Assunse il suo nome definitivo il 15 maggio 1943, quando stava terminando il ventennio di clandestinità imposto dal regime fascista.
Il Partito Comunista d'Italia si poneva come obiettivo l'abbattere lo Stato borghese, abolire il capitalismo e realizzare il comunismo tramite la Rivoluzione e la dittatura del proletariato, seguendo così l'esempio dei comunisti russi di Lenin. Guidato nei suoi primi anni di vita da una maggioritaria corrente di sinistra raccolta attorno a Bordiga, il III Congresso, svoltosi clandestinamente a Lione nel gennaio del 1926, segnò un deciso cambiamento di politica suggellato con l'approvazione delle Tesi di Gramsci e la messa in minoranza della Sinistra di Bordiga, accusata di settarismo. Nel 1930 la corrente di sinistra fu definitivamente espulsa dal Partito con l'accusa di "trotzkismo".
Caduto il regime fascista anche grazie all'apporto dato dai comunisti alla Resistenza italiana, il Partito Comunista Italiano (PCI) aveva appunto cambiato denominazione dopo lo scioglimento dell'Internazionale comunista avvenuta nel 1943. Nei primi anni del dopoguerra vi fu uno scontro assai duro tra forze politiche prima unite nella resistenza ai Tedeschi. Vi fu una seconda guerra civile a bassa intensità che durò fino al 1948. Nel 1948 il PCI rinunciò alla presa del potere con la forza. Dal 1956 cominciò ad inseguire una "via italiana al socialismo", parlamentare, che fu teorizzata nel 1956 da Palmiro Togliatti, segretario del Partito dopo l'arresto di Gramsci.
Nonostante un graduale e costante distacco operato soprattutto da Enrico Berlinguer, succeduto a Luigi Longo alla guida del Partito, il Partito Comunista Italiano fu a lungo tempo legato all'Unione Sovietica e mantenne relazioni con tutti i partiti comunisti al potere nei paesi del cosiddetto blocco comunista.
È stato per molti anni il Partito comunista più grande e potente dell'Europa occidentale. Infatti, mentre negli altri paesi democratici l'alternativa ai partiti o coalizioni democristiane o conservatrici era da sempre rappresentata da forze socialiste (con i partiti comunisti relegati a terza o quarta forza), in Italia rappresentò il secondo partito politico dopo la Democrazia Cristiana, con un Partito socialista relegato, dal 1948 in poi, al rango di terza forza del paese. Nel 1976 toccò il suo massimo storico (34,4 %), mentre fu il primo partito del paese alle elezioni europee del 1984 quando ebbe il 33,33 % contro il 32,97 % della DC.
Il Partito Comunista Italiano si sciolse il 3 febbraio 1991, quando la maggioranza dei delegati guidati dal segretario Achille Occhetto, che era succeduto tre anni prima ad Alessandro Natta, ne sancì lo scioglimento al XX Congresso Nazionale e la contestuale costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS), così come si era già deciso dal 1989. Un'area consistente della minoranza di sinistra si riunì invece nel Movimento per la Rifondazione Comunista, che costituì, con la confluenza di Democrazia Proletaria e di altri gruppi, il Partito della Rifondazione Comunista (PRC).
Questa sintesi di storia moderna è indirizzata a tutti quei giovani che non hanno potuto approfondire questo argomento.
Fonte: http://www.facebook.com/group.php?gid=63072243876
IL PD E’ UN’ALTRA COSA write26
3 commenti:
Whrite, se c’èra ancora il PCI ci sarebbe stato anche l’Avvocato e Gianni Agnelli non avrebbe mai e poi mai messo la Fiat nelle mani di quel pagliaccio di Marchionne. Se c’èra ancora il PCI ci sarebbe stata anche la DC che non avrebbe mai permesso a Berlusconi di fare ciò che fa. Se c’era ancora il PC non sarebbe nato il PD che permette ai potenti di fare tutto quello che vogliono. Ci è rimasta la FIOM cerchiamo di non rovinare pure quella.
Purtroppo ci stanno provando in tutti i modi caro Zonacesarini, sempre i soliti, la cricca : D’Alema, Fassino, Veltroni, Enrico Letta, Renzi il rottamatore………… Susanna Camussi l’hanno tirata per la giacchetta, perché anche lei stava dirigendosi verso altri lidi.
C’è un bell’articolo di Curzio Maltese su il venerdì di Repubblica di oggi, leggilo conclude con una sintesi che mi piacerebbe discutere ma rende chiara quella che è la situazione industriale del nostro paese.
Marchionne e la Politica hanno deciso che i nostri concorrenti in futuro saranno la Serbia, la Romania, la Polonia non la Francia, la Germania, l’Inghilterra o gli Stati Uniti capito in che direzione stiamo andando?
Fiat, Cremaschi: “La Cgil risponda a Confindustria con lo sciopero generale”
di Giorgio Cremaschi
Se qualcuno ancora aveva dei dubbi, la Federmeccanica ha posto termine alla inutile discussione sulla portata dell’attacco della Fiat al contratto nazionale e ai diritti dei lavoratori.
La proposta presentata ieri dal direttore generale dell’organizzazione degli industriali metalmeccanici, che è bene ricordarlo rappresenta anche l’azienda della presidente della Confindustria, ha definitivamente liquidato il contratto nazionale. Non ci saranno più due livelli di contrattazione, quello nazionale e quello aziendale in deroga, ma ne resterà uno solo. Le aziende potranno scegliere se applicare un contratto nazionale che, a quel punto non varrà più niente, oppure farsi il proprio contratto ad hoc, come ha scelto Marchionne. Così tutto il reale diventa razionale, tutte le deroghe, tutte le violazioni dei contratti vengono legalizzate, si può fare tutto perché tutto è concesso.
Questo sistema stravolge anche l’ipocrisia dell’accordo separato del 22 gennaio 2009, dove la Confindustria, il governo, la Cisl e la Uil fecero finta di mantenere i due livelli contrattuali, seppure con le deroghe. Per questo è evidente l’imbarazzo di Bonanni e Angeletti, costretti ancora una volta a inseguire le svolte e le contro svolte dei padroni a cui sono appiccicati.
Come avevamo detto l’attacco della Fiat al contratto nazionale e ai diritti non sarebbe stato e non poteva essere un’eccezione, ma sarebbe diventato la nuova regola. Non ci sarà più bisogno allora, per la Fiat, di uscire formalmente dalla Confindustria, perché la firma della Confindustria a un contratto non varrà più di niente, sarà semplicemente una liberatoria a fare quello che si vuole.
Avevamo ragione quando avevamo detto che con la Fiat partiva il più grave attacco ai diritti dei lavoratori, dal 1945 ad oggi. E abbiamo avuto ragione quando abbiamo chiesto con insistenza alla Cgil di rispondere alla Confindustria con lo sciopero generale. Finora questo non è avvenuto, perché la maggioranza della Cgil si è autoincastrata nella ricerca di un accordo con Cisl, Uil e Confindustria. Il confuso documento sulla rappresentanza approvato dal Direttivo della Cgil ha invece ricevuto subito uno sgarbato e sbrigativo no della Cisl. Sul resto ha risposto la Federmeccanica.
Continuare per questa strada è semplicemente decidere che la Cgil si mette da sola nell’angolo. Dopo lo sciopero dei metalmeccanici del 28 gennaio dovremo alzare la voce, come mai abbiamo fatto, dentro la Cgil per andare allo sciopero generale e finirla con il balletto degli inutili dialoghi con la Confindustria e con tutti coloro che vogliono distruggere il contratto nazionale.
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