“La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile” Corrado Alvaro
Campodimele (LT) il paese della longevità
Tra l'indifferenza dell' Amministrazione Comunale, in assenza di controlli, In località Sterza Piana Lenola (LT) ai confini del Parco Naturale dei Monti Aurunci , a meno di trecento metri dalle abitazioni private, i cittadini, tutti i giorni, assistono a questo scempio che rende l'aria irrespirabile con inevitabili conseguenze sulla salute pubblica grazie a questo impianto allocato nel confinante comune di Campodimele
Ad affermarlo il presidente del comitato centrale della Fiom, Giorgio Cremaschi, il quale torna a chiedere al leader della Cgil, Susanna Camusso, di proclamare lo sciopero generale.
IL FASCISMO - «Il 2 ottobre 1925 Mussolini, la Confindustria e i sindacati corporativi fascisti firmavano a Palazzo Vidoni un accordo che cancellava le elezioni delle commissioni interne.
L’accordo di Mirafiori che cancella le elezioni delle rappresentanze aziendali è, da allora, il più grave atto antidemocratico verso il mondo del lavoro».
«L’accordo - prosegue Cremaschi - abolisce la democrazia e istituisce un regime di fiduciari come durante il fascismo ed è di una gravità inaudita che Cisl e Uil abbiano potuto sottoscriverlo, è una rottura senza precedenti a cui non si potrà che rispondere con la lotta e la mobilitazione democratica per questo è convocato il comitato centrale della Fiom il 29 dicembre e da li dovrà partire una risposta in grado di fermare questo attacco.
Per questo rinnovo la richiesta a Susanna Camusso di fare lo sciopero generale e di non continuare ad illudersi che la Confindustria si dissoci da Marchionne. Non è successo nel 1925 e non succederà oggi». (fonte: Apcom)
sabato 25 dicembre 2010
Buon Natale a tutti coloro che leggendoci ci dimostrano il loro affetto.
Luigi De Magistris, Sonia Alfano e Giulio Cavalli scrivono una lettera ad Antonio Di Pietro, segretario dell’Idv, partito cui appartengono, per invitarlo ad affrontare la questione morale esplosa dopo il caso Razzi – Scilipoti usciti dal gruppo per sostenere il governo Berlusconi il 14 dicembre alla Camera. Pubblichiamo integralmente il testo della lettera appello sottoscritta dai tre esponenti dell’Italia dei Valori.
“In molti, da più parti, ci chiedono di prendere posizione, di esprimerci su quanto accaduto negli ultimi mesi all’interno dell’Italia dei Valori. Ce lo chiede la base di questo partito, straordinariamente attiva e senza timori reverenziali. Ce lo chiedono i nostri elettori, anche quelli che di questo partito non sono. E ce lo chiede, prima di tutto, la nostra coscienza. E’ a loro e ad essa che oggi parliamo.
Non abbiamo voluto sfruttare l’onda delle ultime polemiche per dire la nostra, per non offrire il fianco a strumentalizzazioni che avrebbero danneggiato l’Italia dei Valori. Abbiamo fatto passare la piena facendo quadrato attorno all’Idv. Ora però alcune considerazioni per noi sono d’obbligo. E si rende necessario partire da una premessa: nell’Idv oggi c’è una spinosa e scottante “questione morale”, che va affrontata con urgenza, prima che la stessa travolga questo partito e tutti i suoi rappresentanti e rappresentati.
Senza rese dei conti e senza pubbliche faide, crediamo che mai come adesso il presidente Antonio Di Pietro debba reagire duramente e con fermezza alla deriva verso cui questo partito sta andando per colpa di alcuni.
Le ultime vergogne, come altrimenti chiamare il caso Razzi/Scilipoti, due individui che si sono venduti, quantomeno moralmente, in virtù di altri interessi rispetto alla politica e al bene pubblico, sono solo la punta di un iceberg che pian piano emerge nella realtà di questo partito. Come dimenticare lo scandaloso caso Porfidia, inquisito per fatti di camorra e ancora difeso da qualche deputato dell’Idv che parla di sacrificio a causa di “fatti privati”. E poi il fumoso Pino Arlacchi, che dopo essere stato eletto con l’Idv e solo grazie all’Idv, ha salutato tutti con un misero pretesto ed è tornato con le orecchie basse al Pd.
Ma chi ha portato questi personaggi in questo partito?
Per questo oggi, con questo documento condiviso, rilanciamo la necessità di una brusca virata, e chiediamo al presidente Di Pietro di rimanere indifferente al mal di mare che questa provocherà in chi, un cambiamento, non lo vuole. In chi spera che l’Idv torni un partito del 4% per poterlo amministrare come meglio crede. Seggi garantiti, candidature al sicuro, contestazioni zero. Gente, questa, che non ha più alcun contatto con la base e rimane chiusa nelle stanze del potere, cosciente che senza questa legge elettorale mai sarebbe arrivata in Parlamento e che se questa cambiasse mai più ci tornerebbe.
Abbiamo un patrimonio da cui ripartire, ed è quella “base” pensante e operativa, che non ha timore di difendere a spada tratta il suo leader Di Pietro ma nemmeno di rivolgersi direttamente a lui per chiedere giustizia e legalità all’interno del partito “locale”. Chiedono un deciso “no” alla deriva dei signori delle tessere, ai transfughi, agli impresentabili che oggi si fregiano di appartenere a questo partito e si rifanno, con precisione chirurgica, una verginità politica.
Dopo i congressi regionali moltissime realtà si sono addirittura rivolte alle Procure per avere giustizia, presentando video e documentazione che proverebbero macroscopiche irregolarità nelle consultazioni tra gli iscritti.
Oggi una questione morale c’è ed è inutile e dannoso negarlo. Noi non possiamo tacere. La maggior parte della “dirigenza” dirà che con queste nostre parole danneggiamo il partito, altri che danneggiamo il presidente Di Pietro, altri ancora che siamo parte di un progetto eversivo che vuole appropriarsi dell’Idv.
Noi crediamo che questo invece sia un estremo atto di amore per tutti gli iscritti, i militanti e i simpatizzanti dell’Italia dei Valori. Al presidente chiediamo solo una cosa: si faccia aiutare a fare pulizia. Ci lasci lavorare per rendere questo partito quello che lui ha pensato e realizzato e che ora qualcuno gli vuole togliere dalle mani.
Terminiamo questo documento con le parole di un grande politico italiano, che oggi purtroppo non è più con noi. Enrico Berlinguer.
“La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati”.
Massima gratitudine ai noti statisti Alfano, Maroni, La Russa, Mantovano e Gasparri per avere spiegato agli studenti anti-Gelmini che cosa il governo si aspetta dalla loro manifestazione di martedì: il sangue. Il regime ha bisogno di violenze e feriti (e se ci scappa il morto, pazienza), per portare a termine il suo disegno incostituzionale sull’Italia. Il mercato dei deputati è bastato per la striminzita fiducia del 14 dicembre, ma per conservare le poltrone e approvare le leggi vergogna ancora in cantiere (tra cui la Gelmini) ci vuol altro. Bisogna costringere l’Udc a rimpiazzare Fli, restituendo al governo quella maggioranza di 50-60 deputati necessaria a rimetterlo in sicurezza a Montecitorio. Il Vaticano si sta molto prodigando in tal senso, ma occorre un 11 settembre all’italiana per simulare un clima da emergenza democratica che aiuti B. a gabellare per interessi nazionali i suoi affaracci penali, a farsi scudo delle istituzioni in pericolo per perpetuare la sua voglia d’impunità. Il nemico è alle porte, stringiamoci a coorte. Per questo la banda soffia sul fuoco con proposte impraticabili: vietare le piazze a persone incensurate con provvedimenti da stadio, minacciare i tribunali per cambiare le sentenze a proprio uso e consumo, arrestare preventivamente qualcuno perché Gasparri pensa che potrebbe commettere reati, cazzate così. Roba che una persona normale si vergognerebbe non dico di enunciarla, ma pure di pensarla. Però utilissima a soffiare sul fuoco, nella speranza che domani si scateni il caos, magari con l’aiuto di qualche reduce di quella manovalanza della violenza da sempre pronta a “destabilizzare per stabilizzare”. Ora, grazie a Gasparri & C., chi domani sarà in piazza (speriamo tanti) sa cosa si attende da lui il regime: che sfasci tutto, crani, ossa, bancomat, automobili. La violenza è l’ultima speranza di un governo disperato. Chi gli farà questo regalo sa fin d’ora che non solo la porcata Gelmini, ma altre e ancor peggiori porcate verranno grazie a quella violenza. Chi invece vuole contrastare il regime sa quel che deve fare: il contrario di quel che si aspetta il regime. Una manifestazione oceanica e pacifica, addirittura beffarda nella sua imperturbabile legalità. Un corteo dove non solo non si lancia nulla, ma magari si raccattano cicche e cartacce per gettarle nel più vicino cassonetto. L’ideale sono migliaia di giovani che sventolano la Costituzione in faccia a chi la calpesta. Per questo domani Il Fatto sarà avvolto da un inserto con i principi fondamentali della nostra democrazia. Pensate che smacco, per i tifosi della guerra, vedere gli studenti sbandierare non il libretto rosso di Mao, ma la Carta costituzionale: come l’aglio per i vampiri, la corda per l’impiccato. “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. “Tutti i cittadini… sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, di religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali”. “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca”. “L’Italia ripudia la guerra…”. “Ogni cittadino può circolare… liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale” senza “nessuna restrizione per ragioni politiche”. “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente…” e “di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione…”. “La responsabilità penale è personale…”. “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, sì alle scuole private ma “senza oneri per lo Stato”. “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione... sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa”. “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale... e la dignità umana”. “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”. “Vietata... la riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Questa è la vera rivoluzione.
Ci sarà un processo pubblico finalmente. I magistrati che nel 2007 hanno scippato le indagini all’allora pm Luigi De Magistris dovranno rendere conto delle loro azioni in un’aula di tribunale. Il giudice di Salerno ha infatti rinviato a giudizio i vecchi capi di De Magistris che, usando i loro poteri di coordinamento, hanno avocato e revocato le deleghe sui fascicoli Why not e Poseidone all’attuale europarlamentare dell’Italia dei Valori.
Ci sono voluti quasi quattro anni, ma per quelle vicende che hanno diviso l’Italia, il 2 febbraio del 2011 finiranno alla sbarra l’ex procuratore capo di Catanzaro Mariano Lombardi e altre sette persone rinviate a giudizio dal gup Vincenzo Pellegrino per quella sottrazione illegale di fascicoli. I Pm di Salerno hanno visto accolta la loro tesi: dietro i provvedimenti anti-De Magistris dei vertici degli uffici giudiziari calabresi si celavano interessi privati e una serie di vincoli economici e familistici con i politici indagati. Tra i reati contestati a vario titolo agli 8 imputati spiccano la corruzione in atti giudiziari, punita con la reclusione fino a otto anni, la corruzione e la falsità ideologica.
Una grande soddisfazione per Luigi De Magistris, che aveva avviato l’indagine salernitana con una denuncia e con un fiume di verbali. Ma anche una rivincita postuma per i pm di Salerno sospesi e trasferiti dal Consiglio Superiore della Magistratura proprio per questa inchiesta. A partire dalla pm Gabriella Nuzzi trasferita da ufficio e funzioni e costretta a fare il giudice a Latina. Anche l’altro sostituto, Dionigio Verasani, era stato trasferito d’ufficio e funzioni mentre il procuratore capo Luigi Apicella fu addirittura sospeso dalle funzioni e dallo stipendio.
La campagna di stampa contro i pm di Salerno fu durissima. Quando la Procura di Catanzaro risequestrò le sue carte appena sequestrate dai colleghi per impedire la loro inchiesta, tutti i giornali (con l’eccezione dell’Espresso) descrissero questo atto mai visto prima come ‘guerra tra Procure’. Anche il Csm approvò questo schema affibbiando pene severe a tutti e due gli uffici, ma punendo più severamente la Procura di Salerno. Per i quattro magistrati catanzaresi indagati per favoreggiamento e omissione in atti d’ufficio per avere omesso di inviare a Salerno gli atti, è stata chiesta l’archiviazione delle accuse. Ma certamente il decreto del Gip Pellegrino, con il rinvio a giudizio di chi fermò le inchieste di De Magistris, è un punto a favore dell’ex pm.
I sostituti Maria Chiara Minerva, Rocco Alfano e Antonio Cantarella, coordinati dal nuovo capo dell’ufficio, Franco Roberti hanno confermato, nel suo nucleo almeno, le accuse contenute nel famigerato decreto di perquisizione firmato dai tre pm rimossi. Sono ora ben otto i magistrati di Salerno (sette pm e un gip) che, dopo avere speso anni a studiare le carte e le denunce dell’attuale europarlamentare, hanno ritenuto fondate le sue accuse agli ex colleghi. Dietro lo stop alle inchieste che puntavano a far luce sullo sperpero dei fondi dell’emergenza ambientale calabrese e sul sistema clientelare delle assunzioni nelle società finanziate dalla Regione, c’erano gli interessi familiari e personali dei magistrati legati ai politici indagati. Oltre al Procuratore Mariano Lombardi, alla sbarra sono finiti sua moglie, Maria Grazia Muzzi; il figlio di lei, l’avvocato Pierpaolo Greco; il procuratore aggiunto Salvatore Murone, trasferito a ottobre da Catanzaro a Roma dal Csm (provvedimento poi sospeso su richiesta del vicepresidente del Csm, l’Udc Michele Vietti); l’imprenditore della compagnia delle opere protagonista del sistema clientelare messo nel mirino da De Magistris e poi condannato nel processo Why Not a una pena lieve, Antonio Saladino; l’allora coordinatore di Forza Italia calabrese, Giancarlo Pittelli; l’allora sottosegretario Udc, Giuseppe Galati (entrambi ora parlamentari del Pdl); e poi Dolcino Favi, ex procuratore generale facente funzioni della Corte d’Appello di Catanzaro di recente andato in pensione.
Il Gip ha accolto l’impostazione dell’accusa che ha valorizzato in particolare i rapporti tra Pierpaolo Greco (figlio della moglie del procuratore capo Mariano Lombardi) e i politici indagati. Greco era socio con Pittelli in una società di servizi legali, finanziari e immobiliari, la Roma 9 Srl, che aveva comprato un immobile di prestigio a Catanzaro. Secondo l’accusa, Greco aveva versato meno dei soci e poi aveva ottenuto anche incarichi dal ministero delle Attività produttive grazie ai decreti firmati dall’allora sottosegretario Giuseppe Galati. Entrambi i parlamentari erano indagati da Luigi De Magistris.
Grazie per averci segnalato il video di Scilipoti, “un gran signore” che è uscito allo scoperto e da solo si è tolto dalle scatole, perché vedete ragazzi, più o meno adulti, la classe non è acqua, eccedendo con la seconda, si rischia da affogare.
Sul nostro Blog, qualche giorno prima di voi abbiamo citato i nomi dei possibili venduti, primo fra tutti Massimo Razzi eletto nelle liste di IdV, per ultimo Scilipoti eletto anche lui attraverso IdV , esprimendo il nostro rammarico e la nostra disapprovazione per tutti, non solo per gli altri.
Diversamente, voi state imparando sempre più dal PdL, mostrate i video altrui e occultate le porcherie che avvengono e continuano ad avvenire nel vostro partito, a partire dalla candidatura di quel Calearo, candidato come capolista nel Veneto da Veltroni, che mi ha portato nel Giugno del 2008 a non iscrivermi al PD dopo aver contribuito a fondarlo e a scegliere Italia dei Valori.
Speravo molto nei giovani del PD purtroppo debbo ricredermi. Mentre le vecchie volpi cercano di fare accordi con Fini, Casini e Rutelli per mantenere quel minimo di potere che è appena sufficiente a farli respirare i giovani fanno cazzate.
A livello nazionale mi trovo costretto a prendere atto che il “capo dei rottamatori” Matteo Renzi, personaggio che aveva suscitato positivamente il mio interesse è andato anche lui ad elemosinare una merenda da Berlusconi, esattamente come ha fatto D’Alema per anni.
A livello locale, la cosa che più mi sorprende, non è la demenzialità cronica insita purtroppo nel genere umano, e qui non salvo nessuno me compreso, ma l’assenza di pudore di chi milita in un partito che appena due anni fa è riuscito a consegnare Lenola nelle mani delle destre, ponendole sia alla guida del paese sia all’opposizione, facendo una alleanza a livello locale con i Berlusconiani.
Prendere esempio dai padri non sarebbe un’idea felice, visti i risultati, ma almeno abbiate il buon senso di non perseverare nei loro errori.
La smettete o no di parlare “ il politichese”, segnali non ne vediamo, ne riguardo la famigerata informazione “ porta a porta” che avevate promesso ne avete lasciato ancora trasparire cosa volete fare da grandi, ve la date una mossa o vogliamo gettarlo alle ortiche questo centro sinistra come già in passato avete fatto con quella che voi chiamate sinistra radicale? write26
Antonio Di Pietro: Lo dico col massimo rispetto ma anche senza ipocrisie. E’ ora che il Pd si svegli, si assuma le proprie responsabilità e prenda una decisione. Altrimenti ad avvantaggiarsi delle sue esitazioni e dei suoi continui rinvii sarà solo Silvio Berlusconi.
Il governo è sopravvissuto grazie ai voti comprati al mercato. Ma Berlusconi non si accontenta di questo e ha già avviato un nuovo mercato per corrompere qualche altro deputato con la coscienza in vendita, e rafforzare così il suo oggi debolissimo governo.
Il terzo polo ha iniziato a organizzarsi e a darsi una struttura per presentarsi agli elettori unito. Solo il centrosinistra resta al palo e continua a perdere tempo prezioso in attesa che il Pd decida che cosa vuole fare da grande.
Per questo ieri mi sono rivolto direttamente a Pierluigi Bersani e Nichi Vendola per dirgli che non possiamo più rimandare e che questo matrimonio tra noi dell’Idv, Sel e il Pd, il battesimo del nuovo centrosinistra, s’ha da fare e s’ha da fare adesso. Non in un giorno lontano, quando ormai sarà troppo tardi per essere credibili agli elettori.
Il Pd ha chiesto tempo fino al 23 dicembre per rispondere. D’accordo. Purché quella sia davvero la giornata buona in cui decidono da che parte stare: se rincorrere la chimera di Casini e del Terzo polo, che poi lo tradiranno alla prima curva, o dar vita subito, qui e ora, a un’alleanza democratica e riformatrice con l’Italia dei valori e con Sinistra ecologia e libertà.
Il mio non è un ultimatum. Non sono io che ho fretta di stringere alleanze e di sapere che cosa vuole fare il Pd. E’ il Paese che non può più aspettare. E’ il Paese che deve sapere se c’è in campo un’alternativa al governo di Berlusconi, qual è, da chi è composta, quali idee ha da opporre a quelle di Berlusconi, che si riducono alla difesa continua dei propri interessi.
Se Bersani non si deciderà a dare, il 23 dicembre, quella risposta definitiva e chiara che ha promesso, non farà uno dispetto all’Italia dei valori, ma all’Italia tutta, ai cittadini onesti, all’opposizione, al centrosinistra. E farà un grosso regalo di natale a Berlusconi.
Alcuni parlamentari, eletti nelle forze dell’opposizione, stanno per passare al servizio di Berlusconi. Sono pochissimi ma ce ne sono in tutti i partiti, PD, UDC, IdV. I Radicali invece trattano direttamente attraverso il Vertice, sembra che se ne stia occupando lo stesso Marco Pannella.
Strano nessuno nel PdL o nella Lega parla di tradimento, forti di un singolare concetto:
“Se si è eletti nelle file antagoniste a Mr. B e poi si decide di passare nelle file avversarie, magari a fronte di un compenso che oscilla tra i 350.00 Euro e i 500.000 Euro, NON SI TRADISCE il proprio elettorato anzi ci si ravvede, quasi un pio esempio di pentimento mistico, parlano di un modello da prendere a riferimento ”
“Diverso è per Fini e per i suoi discepoli, LORO SI CHE SONO TRADITORI, loro non lo fanno per soldi, loro lo fanno per “demenzialità cronica” hanno impiegato 60 anni per capire che Benito Mussolini è stato un dittatore “fascista” e 16 anni per capire che Mr.B è un imbroglione”
All’estero non capiscono questo concetto tipicamente italiano: “il mio che se ne va è un traditore il tuo che ti abbandona è un rinsavito” forse perché all’estero i midia godono di una certa autonomia e raccontano le cose come stanno o forse, perché gli stranieri possiedono un’apertura mentale inferiore alla nostra, che dire……..gli italiani sono fondamentalmente un popolo di artisti e l’arte, anche quella di farsi i cazzi propri, non si discute è arte e basta.
Leggo quanto segue in un commento trovato su internet di un povero deficiente, un barbaro, un sub normale incapace di comprendere il nostro linguaggio poetico.
Nella Costituzione italiana e in tutte le Costituzioni dei paesi democratici, il parlamentare eletto non ha vincolo di mandato, non è obbligato a votare come gli ordina il partito.
QUESTO NON È UN INVITO MA UNA CONDIZIONE OBBLIGATORIA, necessaria per fare in modo che i parlamentari siano liberi e non inutili.
Se infatti i parlamentari dovessero sentire l’obbligo di votare secondo l’ordine di partito si arriverebbe dove Berlusconi è già arrivato: “votino solo i Capogruppi evitiamo perdite di tempo”
Sfugge al Premier, e purtroppo anche a gran parte della stampa, che saremmo all’inutilità del Parlamento, non sarebbe neppure opportuno eleggerlo, si potrebbe anche evitare di pagare gli stipendi ai Deputati e ai Senatori, e poi perché far votare i Capogruppi?
Basta che voti il Premier e il rappresentane della Minoranza, ma questo punto sarebbe superfluo anche il voto dell’opposizione, il Premier decida e basta.
Questa è la democrazia che piacerebbe a Mr. B, quella che sogna di poter definire nella Costituzione di Arcore, una costituzione che si potrebbe realizzare proprio attraverso il mercato delle vacche, chissà………. magari patrocinato da una “santa de che”, dalla quale bocca potrebbe entrare ed uscire di tutto.
Il 14 Dicembre abbiamo l’obbligo di farlo svegliare, magari di soprassalto, prima che il suo sogno possa trasformarsi per noi in un incubo non accettabile.
E così il rottamatore Renzi, il giovane, è andato ad Arcore e su Facebook è scoppiato il caso Renzi. Molte e molto dure le critiche in casa Pd al sindaco di Firenze, 'reo' di aver preso parte ad un pranzo con Silvio Berlusconi nella di lui dimora privata. Lui, dal canto suo, non ha mancato di sottolineare le sue ragioni in difesa del suo gesto. Ha raccontato che hanno pranzato assieme ed erano solo loro due, lui ed il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, non c’erano né Emilio Fede né Lele Mora. Dice di essere andato ad Arcore per perorare la causa di Firenze e sostenere la legge speciale per la città. A chi lo ha attaccato duramente ha ribadito che non c’erano altri scopi segreti. Solo in un paese malato, ha detto il sindaco di Firenze, si può pensare che ci sia qualcosa sotto. Premesso che ho sempre guardato a Renzi e ai rottamatori con grande simpatica, perchè in questo paese di inamovibili rappresentano la volontà di dare una scossa per liberare gli alberi dai frutti troppo maturi, questa volta non condivido del tutto il suo gesto. Io faccio il sindaco di Firenze, ha detto Renzi, lui il presidente del Consiglio. Appunto. E’ proprio qui che avverto una nota stonata. Un sindaco quando incontra un presidente del Consiglio non lo fa nella sua residenza privata, ad Arcore, ma a palazzo Chigi, nella sede istituzionale del Governo. E soprattutto, non lo fa pochi giorni prima il voto di sfiducia, quando tutte le opposizioni stanno sostenendo uno sforzo titanico per chiudere definitivamente l’epoca del berlusconismo che ha fatto danni inenarrabili a questo povero Paese. Non ho dubbi che il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che ha provocato più di qualche mal di pancia al segretario del Pd Pierluigi Bersani e a tutta la nomenclatura del Partito democratico, abbia avuto motivi nobili e finalità altamente istituzionali ma scegliere di andare ad Arcore, in questo momento, significa scendere sul piano di quel berlusconismo che ha il suo motore e credo nella confusione dei ruoli, delle istituzioni che confonde pubblico e privato. Sicuramente, come scrive oggi Massimo Gramellini su la Stampa, Renzi appartiene all'attualità e gli altri al museo del Novecento ma, non sarà politicamente sexy dirlo, lo stile come rispetto delle regole e della distinzione dei ruoli è una condizione imprescindibile in politica, è la regola aurea e se l'attualità del centrosinistra passa attraverso il modello Berlusconi, allora vorrebbe dire che abbiamo trovatomagari un nuovo leader ma non siamo riusciti ad uscire dalle secche del leaderismo e personalismo in politica. Per questo, pur ribadendo la mia stima ai rottamatori, stavolta la scelta di Matteo Renzi di andare ad incontrare il presidente del Consiglio nella sua residenza privata e non nella più opportuna sede di palazzo Chigi è un segnale bruttissimo. E' una questione non secondaria di stile e se questo è quello dei rottamatori, spiace dirlo ma viene voglia di dire "niente di nuovo sotto il sole". Cambiano le generazioni ma lo stile resta lo stesso, anzi peggiora. Perché, almeno fino ad oggi, mai nessun alto esponente del Partito democratico avevano varcato i cancelli della residenza privata del presidente del Consiglio.