Campodimele (LT) il paese della longevità

Campodimele  (LT)  il paese della  longevità
Tra l'indifferenza dell' Amministrazione Comunale, in assenza di controlli, In località Sterza Piana Lenola (LT) ai confini del Parco Naturale dei Monti Aurunci , a meno di trecento metri dalle abitazioni private, i cittadini, tutti i giorni, assistono a questo scempio che rende l'aria irrespirabile con inevitabili conseguenze sulla salute pubblica grazie a questo impianto allocato nel confinante comune di Campodimele

lunedì 18 aprile 2011

Tutto tace...........

Dalla Regione nessuna risposta all'interrogazione urgente a risposta scritta rivolta alla giunta Regionale del Lazio da Anna Maria Tedeschi (consigliere regionale dell’Idv), sull'impianto di essiccazione della sansa situato tra Lenola e Campodimele.

Ubicata al confine della provincia di Latina con quella di Frosinone, al momento, la centrale a biomasse è ferma per problemi ambientali. Nonostante questo, però, la giunta provinciale, nei mesi scorsi, ha approvato il progetto definitivo relativo alla realizzazione dell’impianto per una spesa complessiva di 715mila euro. A questo punto è sorto spontaneo all'esponente dell'Idv domandarsi che fine farà l’impianto e con esso i soldi stanziati. “La grande problematica ambientale - si legge nell’interrogazione - è relativa al fatto che l’impianto esistente è collocato in una zona ad alta densità abitativa, a meno di trecento metri dalle abitazioni private, e in più è ai confini del Parco Naturale dei Monti Aurunci. Già in passato l’attuale installazione della centrale aveva creato forti disagi alla popolazione locale a causa dei densi fumi che la struttura emanava e che ha lasciato per monte notti consecutivamente uno strato di grasso nei campi, sulle case e sulla strada statale Farnese che collega Itri a Pico e Ceprano. Successivamente a questa situazione, le autorità sono state costrette a chiudere l’impianto, anche grazie alle proteste dei cittadini e all’attività degli esponenti dell’Italia dei Valori di Lenola. Qualche tempo dopo però, la Provincia di Latina, con deliberazione della giunta provinciale numero104 del 2010, ha approvato il progetto definitivo relativo alla realizzazione di un impianto di essiccazione della sansa”. A questo punto la Tedeschi ha chiesto: “Com’è dunque oggi la situazione? I cittadini che abitano nelle aree circostanti all’impianto hanno il diritto di essere informati su cosa sta succedendo e le istituzioni hanno l’obbligo di informare su cosa si voglia fare ad un passo dalle case e soprattutto all’interno di una ‘gola’ del Parco Naturale dei Monti Aurunci”. Non sembrano pensarla così dalla Regione, dato che a quasi due mesi dalla presentazione dell'interrogazione non c'è stata alcuna risposta.

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sabato 2 aprile 2011

L'UNICO CLANDESTINO DELLA DEMOCRAZIA


Migliaia di immigrati stanno ancora a Lampedusa, nonostante le promesse del venditore di tappeti Berlusconi. Protestano loro, poveracci, che da giorni e giorni sono costretti a stare in un indecente lager e a vivere come nemmeno le bestie. E protestano gli abitanti che ormai non ce la fanno più.

Tanto per cambiare, Berlusconi ha venduto tappeti pieni di buchi. Se anche ce l’avesse fatta a svuotare Lampedusa in due giorni, come aveva promesso, non sarebbe cambiato proprio niente, perché quello che il governo sta facendo è solo riempire una buca aprendone altre, spostando i problemi da una parte all’altra senza risolverli.

A Manduria la situazione è già disperata come a Lampedusa. L’unica furbata che ha saputo escogitate il governo è chiudere tutti e due gli occhi e far uscire alla chetichella gli immigrati. Infatti già se ne sono andati già in duemila. Le Regioni, specie quelle del nord, rifiutano le tendopoli. A Torino i lavori per la costruzione del sito d’accoglienza sono stati sospesi. Il presidente della Lombardia Formigoni dice che lui è disposto ad accogliere solo i profughi, e siccome in tutta Lampedusa ce ne saranno sì e no una decina non è che si sta sprecando. Il governo non sa che pesci prendere. L’unica cosa che Berlusconi riesce a immaginarsi è quella di pagare il governo tunisino perché si riprenda i clandestini. Così l'esecutivo di Tunisi si tiene o soldi e i clandestini ripartono nuovamente per l'Italia.

Siamo di fronte a un disastro da tutti i punti di vista e prima di tutto da quello umanitario, perché in quel braccio di mare continuano ad annegare donne, uomini e bambini. Ma non è stato un terremoto a creare questa situazione. Sono stati gli errori di un governo e di una maggioranza parlamentate troppo impegnati a proteggere Berlusconi per occuparsi d’altro.

L’Italia non ha capito niente di quel che succedeva in Libia. Non ha saputo approntare centri di accoglienza pur sapendo da settimane e mesi quel che stava per succedere. Si è trovata senza un posto libero nei Cei per colpa di una legge disumana e controproducente, fatta solo per propaganda, come la Bossi-Fini. E’ paralizzato perché deve fare i conti con una maggioranza che è unita solo quando si tratta di difendere Berlusconi o di accaparrarsi le poltrone.

In tutto questo disastro Berlusconi, invece di presentarsi in Parlamento per discutere di questa che è un’emergenza per il Paese, lo tiene occupato con i suoi processini, che sono un’emergenza solo per lui. Nella notte tra martedì e mercoledì i cittadini protesteranno contro un presidente del Consiglio che pensa solo a se stesso e non al suo Paese. E per fortuna che c'è ancora questa voglia di indignarsi e alzare la testa. Sono gli stessi cittadini che stanno coraggiosamente e giustamente portando avanti un presidio davanti Montecitorio che continuerà tutta la settimana prossima e che hanno programmato la “Notte bianca per la democrazia”, dalle 20.00 in poi del 5 aprile. Io e l'Italia dei valori saremo al loro fianco anche perchè quella protesta non sarà solo contro le leggi ad personam come la legge sulla prescrizione breve ma anche contro quello che sta succedendo a Lampedusa, a Manduria e in tutta Italia. Perché pure quelli sono insulti alla democrazia. Nella speranza di liberare l'Italia prima possibile dall'unico clandestino della democrazia, ovvero Silvio Berlusconi.

Antonio Di Pietro

mercoledì 30 marzo 2011

SI RIUNISCONO I GRANDI BERLUSCONI NON VIENE INVITATO



Il premier italiano non è stato invitato all’incontro a quattro. Il nostro Paese è destinato a giocare un ruolo di secondo piano

Erano tutti lì ieri sera, i grandi della Terra. Davanti ad una webcam per parlare di Libia. Barack Obama, Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e David Cameron. Una videoconferenza sulle sorti della Libia. Mancava solo lui, Silvio Berlusconi, messo in un angolo dai suoi “grandi amici”, quelli con cui gioca a “cucù”.

Sebbene in Libia il comando militare navale in ambito Nato sia passato sotto la guida italiana, il governo del Cavaliere subisce l’ennesimo colpo in politica estera. In aperto scontro con Sarkozy e con il premier britannico Cameron, il duo Berlusconi-Frattini non è riuscito a far decollare il tanto decantato asse italo-tedesco. Il risultato? L’esclusione dal tavolo politico. L’Italia si ritrova a giocare un ruolo militare e diplomatico di secondo piano, nonostante gli enormi interessi nazionali in campo nei rapporti con la Libia e con un eventuale futuro governo degli insorti.

“Credo che la Libia sarà liberata in fretta” e che la situazione “sarà risolta in tempi molto rapidi”, spiega il ministro degli Esteri, Franco Frattini. “Il governo sta già pensando alla fase diplomatica che seguirà il cessate il fuoco”, gli fa eco il ministro Ignazio La Russa. Eppure proprio sotto il profilo diplomatico il governo è stato estromesso dai Grandi. Sarà perché Frattini qualche giorno fa aveva lodato il nuovo asse italo-tedesco, innervosendo la cancelliera Merkel che non vuole e non ha alcun interesse a contrapporsi a Sarkozy in maniera aperta e vistosa. Ma in Italia le elezioni si avvicinano e Frattini lo sa bene. Non è mai un bene apparire isolati. Ma a volte il vero problema non è apparire isolati, ma esserlo. Da più di un mese sono ripresi gli sbarchi di migranti verso il nostro Paese e, nonostante i continui richiami all’Europa, l’Italia è sola, incapace di imporre una sua linea, bloccata al proprio interno da posizioni politiche puramente ideologiche.

Ma La Russa continua a raccontare un’Italia capace di imporre il suo gioco: “Fin dal primo momento l’Italia ha avuto un grande ruolo nella questione libica. È stata la prima a chiedere, e vorrei dire a pretendere, che il comando delle operazioni passasse alla Nato. Questa è stata una grande vittoria politica e diplomatica”.

“Purtroppo dobbiamo rilevare che effettivamente, come dice il ministro La Russa, l’Italia sta pensando al dopo-Libia. Tanto pensa al dopo che oggi (ndr – ieri per chi legge) c’è stata una video-conferenza alla quale Berlusconi non è stato chiamato a partecipare”, ha dichiarato ironicamente Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato. “Ce ne dispiace per il nostro Paese ma dobbiamo tuttavia osservare nuovamente che la credibilità dell’Italia è in caduta libera. A furia di continuare a pensare al dopo e di inventarsi rapporti preferenziali che non esistono, l’autorevolezza del nostro Paese non esisterà più”.

Fonte: http://www.dirittodicritica.com/2011/03/29/berlusconi-libia-teleconferenza-obama/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+Dirittodicritica+%28Diritto+di+critica%29

martedì 22 marzo 2011

Da amici a traditori, dai baciamano ai raid aerei!



Sembra passata una vita ma sono trascorsi appena due mesi da quando Silvio Berlusconi, in occasione della firma del Trattato di amicizia italo-libico, riceveva il leader Muammar Gheddafi nella Capitale, riservandogli fastosi omaggi e un’abnegazione quasi imbarazzante per un presidente del Consiglio e per gli stessi italiani. Nessuno dimentica che quel Trattato, votato da quasi tutte le forze politiche tranne dall’IdV e pochi altri, stabilisce una reciproca difesa dei territori tra l’Italia e la Libia. Un’amicizia ostentata e poi schiacciata con la velocità della luce e già i nostri caccia e Tornado hanno preso il volo e hanno colpito Tripoli. E ancora non sappiamo chi è rimasto sotto quelle bombe. Allo stesso modo, il ministro degli Esteri, Frattini, che il 18 gennaio scorso, aveva addirittura definito il Colonnello Gheddafi, un modello di riformismo arabo, ora si appresta a congelare i suoi beni.


Non che sia considerato reato cambiare idea, ma qual è la posizione del governo in questa guerra? Insomma, si passa da un eccesso all’altro. Chiaro sintomo di una politica estera improvvisata e sempre supina alle altre potenze. Prima agli ordini di Gheddafi e poi dell’asse composto da francesi e inglesi che, man mano che passano le ore, si dimostrano sempre più interventisti, interpretando a proprio piacimento modalità e condizioni del mandato ricevuto dall’Onu attraverso la risoluzione 1973.

Ieri, l’exploit di questa schizofrenia si è tradotto con le dichiarazioni del ministro della Difesa che ha affermato: “Non è intenzione dell’Italia di mettere caveat al proprio intervento”. In altre parole La Russa dice: non porremo limiti. Che per i nostri promotori guerrafondai vuol dire: piatto ricco mi ci ficco!.


Chiediamo che il governo, invece di blaterare a reti unificate, ponga subito la questione in Parlamento e chiarisca la sua posizione. Qualunque passo in più va affrontato nella sede preposta, ossia il Parlamento. Non esistono scorciatoie. Non bisogna andare oltre il mandato Onu, né interpretarlo a proprio uso e consumo.

Antonio Di Pietro

martedì 15 marzo 2011

Se a Napoli siamo allo sfascio............la colpa non è di Berlusconi.


IL MANIFESTO 15 Marzo 2011 di Francesca Pilla.

La «spaccanapoli» di De Magistris


Parte alla grande la campagna elettorale dell ex magistrato dell Idv. Che sfida Sel e il Pd Democratici allo sbando e vendoliani assenti. «Il centrosinistra vuole perdere»

«Il centrosinistra invece di cambiare preferisce perdere». Luigi De Magistris commenta così - in poche battute e nel giorno dell'inizio della sua campagna elettorale - il fronte che si potrebbe aprire già domani sul futuro dell'amministrazione napoletana.

E li mette tutti insieme. L'Idv, Fed, Fiom, centri sociali, ambientalisti, operatori del terzo settore, intellettuali, lavoratori della cultura al fianco dell'ex pm, Sel e Verdi che prendono tempo, mentre il Pd e il suo sistema partitico decidono di presentarsi con una coalizione spaccata alle elezioni di maggio, pur non avendo ancora un nome forte da spendere e sapendo di andare incontro a una sconfitta.

Forse aspettano ancora l'Udc, ma Ciriaco De Mita è come sempre a dondolo sull'altalena tra democratici e cosentiniani e deciderà all'ultimo dove giocare le sue carte.

Il prefetto Mario Morcone, che doveva essere il candidato di tutti ora potrebbe anche ritirarsi, anche perché Luigi De Magistris ieri ha spiazzato la politica napoletana con una manifestazione riuscita oltre ogni aspettativa. Seicento persone riunite in un multisala del centro storico, altre 300 fuori, sotto l'acqua, instancabili con gli ombrelli gocciolanti ad attendere per oltre due ore perché il cinema ha superato la capienza disponibile.

Hanno applaudito e incitato il candidato, che si è affacciato alla finestra promettendo una nuovo incontro in settimana.

Eppure proprio tutto questo entusiasmo non è piaciuto a quelli che venerdì sera erano al tavolo delle trattative con un filo di speranza che l'europarlamentare tornasse sui suoi passi. Il magistrato dell'inchiesta «Why not», che parte dei democratici ancora ritengono responsabile della caduta del governo Prodi dopo aver indagato Clemente Mastella, ha invece detto di essere convinto di farcela:

«Solo voi e nessun altro può farmi diventare il vostro sindaco».

Nel suo intervento l'esponente dell'Idv ha pronunciato più volte le parole rivoluzione e sogno, ha detto no agli inceneritori («non hanno voluto trovare una soluzione alla crisi rifiuti perché avrebbe rotto il sistema»), ha sostenuto il valore dell'acqua e dei trasporti pubblici («Napoli deve essere una città aperta»), ha sottolineato l'importanza della legalità («è il sindaco che deve rappresentare l'etica pubblica»), nonché la centralità della comunità e delle scelte condivise con la popolazione («non mi chiedete 'puoi fare questo' venite a farlo con me»).

Poi al Pd ha domandato ancora una volta qual è il motivo che impedisce di correre insieme e ha rinnovato la sua offerta di dialogo.

Asciutta e dura la risposta del segretario regionale Enzo Amendola e del commissario provinciale Andrea Orlando:

«Prendiamo atto che il partito di Antonio Di Pietro preferisce andare avanti con atti unilaterali, proponendo candidati che procedono fuori dall'alleanza. Per noi la parola data è un valore su cui costruire un lavoro comune. Ci siamo accorti che per altri non è così».

Ora non resta che aspettare la posizione di Sel. De Magistris è stato molto chiaro in proposito:

«Faccio un appello a Nichi Vendola - ha detto dal palco - perché non ci mette la faccia? Noi parliamo la stessa lingua, non capisco perché non sia qua».

E in effetti i vendoliani erano pochi, mischiati tra la folla e a titolo personale, mentre nel pomeriggio dalla segreteria regionale Arturo Scotto precisava: «Siamo convinti che la priorità resti l'unità della coalizione e i passi in avanti che pure erano stati compiuti. De Magistris è una risorsa del centrosinistra, ritorniamo a dialogare».

Ma Vendola e i suoi restano per il momento indietro, sanno bene che al tavolo si dovrebbe tornare solo per poter trovare un nome nuovo o unirsi su Morcone. Così come è avvenuto nelle ultime settimane, dopo lo sconquasso delle primarie e le denunce sui presunti brogli, ognuno è sempre rimasto fermo sulle sue posizioni: perché la situazione dovrebbe mutare ora? Tanto più che De Magistris ha portato a casa una manifestazione partecipata e animata proprio dall'elettorato di riferimento di Fed e Sel.

Dal palco, per esempio, si sono avvicendati l'avvocato Gerardo Marotta, la penalista che difende i diritti delle donne Elena Coccia, l'ex assessore al bilancio «indipendente» Riccardo Realfonzo. E ancora Antonio Musella dei comitati antidiscarica e il musicista Enzo Avitabile. In platea tutti i dirigenti di Fed, Legambiente, i rappresentanti del «Welfare non è un lusso», la Fiom cittadina.

Nel pomeriggio Antonio Di Pietro ha ripetuto a Bersani e Vendola di convergere su De Magistris, mentre dall'altro lato appare scontata la candidatura del presidente degli industriali Gianni Lettieri. «So che è stato presentato da Nicola Cosentino - ha concluso De Magistris - uno che per la magistratura è il referente politico della casalesi. Significa che sarà una bella campagna elettorale».

mercoledì 2 marzo 2011

“Interrogazione su impianto di essiccazione della sansa a Campodimele”


"Cosa succede con l'impianto di essiccazione della sansa a Campodimele?"

E' la domanda che fa Anna Maria Tedeschi (consigliere regionale IDV) in una interrogazione urgente a risposta scritta rivolta alla Giunta Regionale del Lazio.

“L’impianto di essiccazione, è ubicato al confine della provincia di Latina con quella di Frosinone ed interessa ben tre comuni del basso Lazio, Campodimele, appunto, Lenola (LT) e Pico (FR).

La grande problematica ambientale è relativa al fatto che l’impianto esistente è collocato in una zona ad alta densità abitativa, a meno di trecento metri dalle abitazioni private, e in più è ai confini del Parco Naturale dei Monti Aurunci. Già in passato l’attuale installazione della centrale aveva creato forti disagi alla popolazione locale a causa dei densi fumi che la struttura emanava e che ha lasciato per monte notti consecutivamente uno strato di grasso nei campi, sulle case e sulla strada statale Farnese che collega Itri a Pico e Ceprano. Successivamente a questa situazione, le autorità sono state costrette a chiudere l’impianto, anche grazie alle proteste dei cittadini e all’attività degli esponenti dell’Italia dei Valori di Lenola. Qualche tempo dopo però, la provincia di Latina,con deliberazione della Giunta provinciale n.104/2010, ha approvato il progetto definitivo relativo alla realizzazione di un impianto di essiccazione della sansa per una spesa complessiva di euro 715.000,00. Com’è dunque oggi la situazione? I cittadini che abitano nelle aree circostanti all’impianto hanno il diritto di essere informati su cosa sta succedendo e le istituzioni hanno l’obbligo di informare su cosa si voglia fare ad un passo dalle case e soprattutto all’interno di una “gola” del Parco Naturale dei Monti Aurunci. Perché Campodimele, paese noto per essere il piccolo borgo della longevità, dove l’età media è molto alta a causa del cibo e della natura incontaminata che si è avuta fino ad oggi, dovrà diventare altro? Reali esigenze o semplice speculazione?

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sabato 19 febbraio 2011

Lo stratega di Walter Peruzzi




Il 15 febbraio La Padania ha sparato in prima pagina una intervista a Pierluigi Bersani secondo il quale per realizzare una “vera” riforma federalista è auspicabile un “patto” fra due partiti “popolari” e “autonomisti” come il Pd e la Lega, che – sottolinea il segretario del Pd - “non è razzista”.

La tattica del PD e il suo prezzo

L’obiettivo “tattico” tanto evidente quanto improbabile è di “staccare” la Lega dal Pdl e preparare un’alleanza indispensabile, secondo i grandi strateghi del Pd, per sconfiggere Berlusconi. Inutile dire che tale alleanza non appare affatto “indispensabile” neppure sul piano meramente aritmetico: molti sondaggi mostrano che Pdl-Lega perderebbero oggi non solo rispetto a un ipotetico schieramento da Vendola a Fini ma anche (anzi più) di fronte a un centro-sinistra che si presentasse separato dal terzo polo. Con l’incognita ovvia di quel 40-45% di indecisi o di non votanti che difficilmente saranno conquistati dalle capriole alla D’Alema, anziché da un chiaro e serio discorso politico.

Ma qui non interessa neppure discutere la proposta “tattica” del Pd quanto denunciare il “prezzo” vergognoso che esso si offre di pagare pur di realizzarla (come prospetta oggi Bersani ma come da tempo vagheggia Chiamparino). L’intervista mostra infatti che per raggiungere il suo obiettivo il Pd è disposto a camuffare la vera natura della Lega e a ripulirne l’immagine, cioè a farsi garante presso l’opinione democratica che la Lega è solo una sano partito federalista che pratica per accidens (non essendo razzista…) politiche xenofobe, omofobe, antimeridionali (e secessioniste).

Un partito eversivo, totalitario, razzista

E’ un totale capovolgimento della verità come mostrano tutti i documenti, le dichiarazioni e le iniziative della Lega Nord (1). Si veda il suo stesso statuto in cui si autodefinisce “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”, cioè contraria all’indivisibilità della Repubblica sancita dalla nostra Costituzione (art. 5). Quanto alle politiche antimeridionali e secessioniste basterà ricordare i reiterati tentativi di introdurre delle liste “regionali” per la scuola o la proposta di gabbie salariali per il sud e di settentrionalizzare l’esercito, per non dire del federalismo tipo “prendi la cassa e scappa”, che strangola il meridione.

Il razzismo leghista, infine, è testimoniato da una serie interminabile di soprusi contro i migranti, culminati nelle leggi razziali volute da Maroni (il cosiddetto “pacchetto sicurezza”), negli sgomberi dei rom, nei respingimenti in mare, nella sanatoria truffa ecc. (misure talvolta condannate come razziste dalla stessa UE). Infine, l’imposizione del marchio leghista sui luoghi pubblici (Adro), ha mostrato come la celebrazione in chiave antimeridionale e xenofoba della razza padana tenda a sfociare in un totalitarismo simile a quello di chi celebrava la razza ariana nella Germania nazista.

La Lega e chi ne fa il gioco

E’ questo il partito che, per Bersani, non sarebbe razzista mentre è proprio l’odio verso il diverso a fare da collante indispensabile e ad unire al nord, in nome della comune “padanità” e contro ogni ipotesi di federalismo solidale col resto del paese, classi sociali contrapposte, permettendo alla Lega di estendere i suoi consensi.

In conclusione Bersani continua a lisciare il pelo alla bestia leghista, come molte forze di sinistra e democratiche fanno ormai da decenni nell’illusione di ammansirla e col risultato di farla crescere a dismisura; di “abbellirla” e di accreditare come rispettabile un movimento eversivo, razzista e tendenzialmente totalitario, che ha come unico obiettivo la conquista e la gestione dispotica del potere. E’ un disegno che ha avuto e continuerà ad avere come effetto di diffondere sempre più nel paese, con conseguenze devastanti, il veleno eversivo e razzista della Lega, diventandone complici.

http://informarexresistere.fr/lo-stratega.html

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venerdì 18 febbraio 2011

Con la Cgil stop al caporalato Luigi De Magistris




A gestire questa "forza" umana, in modo mafioso e illecito, sono intermediari rapaci al servizio di imprenditori senza scrupoli. La piaga che non risparmia nessuna regione, anche se affligge particolarmente il Sud del Paese, si chiama caporalato. Le vittime hanno il volto in particolare straniero.

Una nuova forma di schiavismo tanto prolifico nel settore edile (150mila vittime secondo la Cgil ) e rurale (400mila), dove l'occasionalità del lavoro spinge alla necessità temporanea e improvvisa di manodopera che motiva l'intervento vantaggioso (per gli imprenditori) dei caporali. Perché, allora, non prenderla extracomunitaria, questa manodopera, magari anche clandestina, così da imporre qualsiasi ritmo e qualsiasi cifra, nell'assenza totale del riconoscimento dei diritti e al di fuori del controllo, garantendo vantaggio economico soltanto a chi se ne serve?

Protagonisti dell'intermediazione criminale che conduce questi lavoratori invisibili nei cantieri e nei campi sono proprio i caporali che, nell'aree ad alta densità mafiosa, risultano come diretta emanazione dei clan e delle famiglie che compongono il crimine organizzato.

La denuncia della Cgil, in particolare delle sue due categorie della Fillea e della Flai, sul fenomeno del caporalato è tanto reale quanto grave per una democrazia moderna, che dovrebbe fondarsi sull'occupazione regolare e sulla pratica dell'accoglienza.

Per questo la campagna "Stop-caporalato" promossa dalla Cgil è un'iniziativa che va sostenuta nel suo duplice obbiettivo: porre fine a questa piaga indegna e arrivare all'introduzione del reato di caporalato nel nostro codice penale.

Perché in Italia questo reato non è previsto, o meglio è stabilita la punizione con sanzione amministrativa (pochi euro a lavoratore) in caso venga pizzicato il caporale in flagranza. Un vuoto legislativo che non stupisce, mancando anche, per esempio, il reato relativo alla tortura, per cui da anni si battono associazioni e società civile. E non stupisce che questo governo non risulti sensibile al tema, avendo promosso una controriforma reazionaria del mondo del lavoro e una politica razzista verso gli stranieri.

Il caporalato e la sua crescita, infatti, risultano il frutto maturo (amarissimo) dell'attività dei ministri Sacconi e Maroni; il volto visibile (immondo) del liberismo senza regole del PdL e del razzismo senza vincoli della Lega. Se si azzerano i diritti dei lavoratori distruggendo contratti nazionali e Statuto per il far west contrattuale, se si scoraggia il controllo ispettoriale e la chiara ricostruzione della responsabilità penale nella catena con cui viene appaltata l'occupazione, se si introduce il reato di clandestinità: ecco che si creano le condizioni socio-politiche-legislative per il proliferare del caporalato, scoraggiando gli stranieri che vogliono denunciarlo perché temono l'espulsione dal paese e favorendo, con la copertura della legge, imprenditori famelici pronti a sacrificare la vita umana in cambio del proprio guadagno di impresa.

Nella mia esperienza professionale di magistrato mi è capitato di occuparmi del fenomeno, che risultava spesso collegato al traffico degli esseri umani. Un altro elemento di provata evidenza emergente dalle inchieste è appunto il ruolo giocato dal crimine organizzato in territori come la Calabria o la Campania, dove la gestione del lavoro è uno strumento prezioso in mano alle mafie per raggiungere il controllo del territorio, oltre che forziere per il loro arricchimento. In questo momento di passaggio delicato per il paese, in cui si saldano la strategia reazionaria nel lavoro e quella razzista nell'immigrazione, non possiamo che sostenere la Cgil in questa sua campagna, quella dello Stop-caporalato.

E' un dovere per ogni cittadino democratico, è una necessità vitale per tutte le forze politiche della sinistra.

Luigi De Magistris