Campodimele (LT) il paese della longevità

Campodimele  (LT)  il paese della  longevità
Tra l'indifferenza dell' Amministrazione Comunale, in assenza di controlli, In località Sterza Piana Lenola (LT) ai confini del Parco Naturale dei Monti Aurunci , a meno di trecento metri dalle abitazioni private, i cittadini, tutti i giorni, assistono a questo scempio che rende l'aria irrespirabile con inevitabili conseguenze sulla salute pubblica grazie a questo impianto allocato nel confinante comune di Campodimele

sabato 19 febbraio 2011

Lo stratega di Walter Peruzzi




Il 15 febbraio La Padania ha sparato in prima pagina una intervista a Pierluigi Bersani secondo il quale per realizzare una “vera” riforma federalista è auspicabile un “patto” fra due partiti “popolari” e “autonomisti” come il Pd e la Lega, che – sottolinea il segretario del Pd - “non è razzista”.

La tattica del PD e il suo prezzo

L’obiettivo “tattico” tanto evidente quanto improbabile è di “staccare” la Lega dal Pdl e preparare un’alleanza indispensabile, secondo i grandi strateghi del Pd, per sconfiggere Berlusconi. Inutile dire che tale alleanza non appare affatto “indispensabile” neppure sul piano meramente aritmetico: molti sondaggi mostrano che Pdl-Lega perderebbero oggi non solo rispetto a un ipotetico schieramento da Vendola a Fini ma anche (anzi più) di fronte a un centro-sinistra che si presentasse separato dal terzo polo. Con l’incognita ovvia di quel 40-45% di indecisi o di non votanti che difficilmente saranno conquistati dalle capriole alla D’Alema, anziché da un chiaro e serio discorso politico.

Ma qui non interessa neppure discutere la proposta “tattica” del Pd quanto denunciare il “prezzo” vergognoso che esso si offre di pagare pur di realizzarla (come prospetta oggi Bersani ma come da tempo vagheggia Chiamparino). L’intervista mostra infatti che per raggiungere il suo obiettivo il Pd è disposto a camuffare la vera natura della Lega e a ripulirne l’immagine, cioè a farsi garante presso l’opinione democratica che la Lega è solo una sano partito federalista che pratica per accidens (non essendo razzista…) politiche xenofobe, omofobe, antimeridionali (e secessioniste).

Un partito eversivo, totalitario, razzista

E’ un totale capovolgimento della verità come mostrano tutti i documenti, le dichiarazioni e le iniziative della Lega Nord (1). Si veda il suo stesso statuto in cui si autodefinisce “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”, cioè contraria all’indivisibilità della Repubblica sancita dalla nostra Costituzione (art. 5). Quanto alle politiche antimeridionali e secessioniste basterà ricordare i reiterati tentativi di introdurre delle liste “regionali” per la scuola o la proposta di gabbie salariali per il sud e di settentrionalizzare l’esercito, per non dire del federalismo tipo “prendi la cassa e scappa”, che strangola il meridione.

Il razzismo leghista, infine, è testimoniato da una serie interminabile di soprusi contro i migranti, culminati nelle leggi razziali volute da Maroni (il cosiddetto “pacchetto sicurezza”), negli sgomberi dei rom, nei respingimenti in mare, nella sanatoria truffa ecc. (misure talvolta condannate come razziste dalla stessa UE). Infine, l’imposizione del marchio leghista sui luoghi pubblici (Adro), ha mostrato come la celebrazione in chiave antimeridionale e xenofoba della razza padana tenda a sfociare in un totalitarismo simile a quello di chi celebrava la razza ariana nella Germania nazista.

La Lega e chi ne fa il gioco

E’ questo il partito che, per Bersani, non sarebbe razzista mentre è proprio l’odio verso il diverso a fare da collante indispensabile e ad unire al nord, in nome della comune “padanità” e contro ogni ipotesi di federalismo solidale col resto del paese, classi sociali contrapposte, permettendo alla Lega di estendere i suoi consensi.

In conclusione Bersani continua a lisciare il pelo alla bestia leghista, come molte forze di sinistra e democratiche fanno ormai da decenni nell’illusione di ammansirla e col risultato di farla crescere a dismisura; di “abbellirla” e di accreditare come rispettabile un movimento eversivo, razzista e tendenzialmente totalitario, che ha come unico obiettivo la conquista e la gestione dispotica del potere. E’ un disegno che ha avuto e continuerà ad avere come effetto di diffondere sempre più nel paese, con conseguenze devastanti, il veleno eversivo e razzista della Lega, diventandone complici.

http://informarexresistere.fr/lo-stratega.html

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venerdì 18 febbraio 2011

Con la Cgil stop al caporalato Luigi De Magistris




A gestire questa "forza" umana, in modo mafioso e illecito, sono intermediari rapaci al servizio di imprenditori senza scrupoli. La piaga che non risparmia nessuna regione, anche se affligge particolarmente il Sud del Paese, si chiama caporalato. Le vittime hanno il volto in particolare straniero.

Una nuova forma di schiavismo tanto prolifico nel settore edile (150mila vittime secondo la Cgil ) e rurale (400mila), dove l'occasionalità del lavoro spinge alla necessità temporanea e improvvisa di manodopera che motiva l'intervento vantaggioso (per gli imprenditori) dei caporali. Perché, allora, non prenderla extracomunitaria, questa manodopera, magari anche clandestina, così da imporre qualsiasi ritmo e qualsiasi cifra, nell'assenza totale del riconoscimento dei diritti e al di fuori del controllo, garantendo vantaggio economico soltanto a chi se ne serve?

Protagonisti dell'intermediazione criminale che conduce questi lavoratori invisibili nei cantieri e nei campi sono proprio i caporali che, nell'aree ad alta densità mafiosa, risultano come diretta emanazione dei clan e delle famiglie che compongono il crimine organizzato.

La denuncia della Cgil, in particolare delle sue due categorie della Fillea e della Flai, sul fenomeno del caporalato è tanto reale quanto grave per una democrazia moderna, che dovrebbe fondarsi sull'occupazione regolare e sulla pratica dell'accoglienza.

Per questo la campagna "Stop-caporalato" promossa dalla Cgil è un'iniziativa che va sostenuta nel suo duplice obbiettivo: porre fine a questa piaga indegna e arrivare all'introduzione del reato di caporalato nel nostro codice penale.

Perché in Italia questo reato non è previsto, o meglio è stabilita la punizione con sanzione amministrativa (pochi euro a lavoratore) in caso venga pizzicato il caporale in flagranza. Un vuoto legislativo che non stupisce, mancando anche, per esempio, il reato relativo alla tortura, per cui da anni si battono associazioni e società civile. E non stupisce che questo governo non risulti sensibile al tema, avendo promosso una controriforma reazionaria del mondo del lavoro e una politica razzista verso gli stranieri.

Il caporalato e la sua crescita, infatti, risultano il frutto maturo (amarissimo) dell'attività dei ministri Sacconi e Maroni; il volto visibile (immondo) del liberismo senza regole del PdL e del razzismo senza vincoli della Lega. Se si azzerano i diritti dei lavoratori distruggendo contratti nazionali e Statuto per il far west contrattuale, se si scoraggia il controllo ispettoriale e la chiara ricostruzione della responsabilità penale nella catena con cui viene appaltata l'occupazione, se si introduce il reato di clandestinità: ecco che si creano le condizioni socio-politiche-legislative per il proliferare del caporalato, scoraggiando gli stranieri che vogliono denunciarlo perché temono l'espulsione dal paese e favorendo, con la copertura della legge, imprenditori famelici pronti a sacrificare la vita umana in cambio del proprio guadagno di impresa.

Nella mia esperienza professionale di magistrato mi è capitato di occuparmi del fenomeno, che risultava spesso collegato al traffico degli esseri umani. Un altro elemento di provata evidenza emergente dalle inchieste è appunto il ruolo giocato dal crimine organizzato in territori come la Calabria o la Campania, dove la gestione del lavoro è uno strumento prezioso in mano alle mafie per raggiungere il controllo del territorio, oltre che forziere per il loro arricchimento. In questo momento di passaggio delicato per il paese, in cui si saldano la strategia reazionaria nel lavoro e quella razzista nell'immigrazione, non possiamo che sostenere la Cgil in questa sua campagna, quella dello Stop-caporalato.

E' un dovere per ogni cittadino democratico, è una necessità vitale per tutte le forze politiche della sinistra.

Luigi De Magistris

venerdì 11 febbraio 2011

Rai, nuovo ‘bavaglio’ del Pdl sui talk show: “I programmi rappresentino la maggioranza”



Argomenti trattati solo una volta a settimana, par condicio anche nella satira, responsabilità penale del conduttore, palinsesti decisi dalla commissione di Vigilanza (organo politico) e direttore generale eletto a direttore editoriale. Il Pdl di nuovo all’attacco dei talk show e di quella che definisce la “predominanza della sinistra” nella tv pubblica. Il nuovo “bavaglio” messo a punto dal centrodestra per la Rai, secondo quanto scrive ‘La Repubblica’, segue una linea maestra: “I programmi Rai devono rappresentare la maggioranza”. Porta la firma del senatore Pdl della Vigilanza Rai Alessio Butti che ha messo nero su bianco le sue proposte in un “Atto di indirizzo sul pluralismo” che verrà votato dalla commissione la prossima settimana, mercoledì probabilmente.

Cosa dice questo “atto di indirizzo”? Prima di tutto stabilisce che se una trasmissione Rai tratta un argomento, mettiamo il caso Ruby, per i successivi otto giorni gli altri programmi Rai non ne potranno parlare. Se ad esempio il lunedì Bruno Vespa a ‘Porta a Porta’ parla di Berlusconi e dei festini ad Arcore, l’argomento per tutta la settimana è esaurito: ovvero non ne potranno parlare Ballarò il martedì o Annozero il giovedì. Poi ancora, durante un programma di satira come ‘Parla con me’ di Serena Dandini, anche le imitazioni dovranno avere il contraddittorio: se si manda in onda l’imitazione di Augusto Minzolini si deve fare anche quella di un giornalista “di sinistra”, come può essere Gad Lerner. Per “sistemare” anche un programma come ‘Report’ si stabilisce che ad avere la responsabilità legale di ciò che si manda in onda, non sarà l’azienda bensì il conduttore.

Secondo Butti la Rai è “dominata” dalla sinistra, la tv di Stato “relega in posizioni assolutamente minoritarie le idee, i valori e le proposte della maggioranza degli italiani” e quindi si deve “riequilibrare la situazione”. E come farlo se non impedendo ai talk show di trattare certi argomenti e introducendo la par condicio anche nei programmi di satira? Certo, l’atto indirizzo non è vincolante, ma può diventare uno strumento utilissimo per il direttore generale Mauro Masi.

Butti spiega la sua proposta. “È opportuno – dice – che i temi prevalenti di attualità o di politica trattati da un programma non costituiscano oggetto di approfondimento di altri programmi, anche di altre reti, almeno nell’arco di otto giorni successivi alla loro messa in onda”. Sul rispetto di questa regola vigila “la direzione generale” per scongiurare “ripetizioni artificiose o la compressione di temi socialmente e politicamente rilevanti”.

11 febbraio 2011

Fonte: http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/rai-bavaglio-pdl-talk-show-maggioranza-745403/


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